Consigli su come allestire una vasca che sia dedicata particolarmente alle piante, nel caso in cui si vuole allestire una vasca di tipo olandese e, quindi, con una limitata popolazione di pesci
Articolo di Walter Peris
sul sito www.walterperis.it (non più online)
Micranthemum callitrichoides (ex Hemianthus callitrichoides) - Foto © Marcus Wallinder
Ora vedremo come allestire una vasca che sia dedicata particolarmente alle piante.
Premetto che questo tipo di vasca che andrò a descrivere può anche andare bene nel caso si volessero mettere molti pesci ("molti" significa un po' più di quanti una normale vasca dedicata alle piante possa contenere), ma non è detto che questa possa essere una buona idea.
Nel caso si eccedesse con la popolazione ittica, questa vasca potrebbe facilmente andare in crisi, creando diversi problemi, in primo luogo una possibile e incontrollata crescita algale.
Quindi, fate attenzione a seguire quanto dirò solo nel caso in cui decideste di allestire una vasca di tipo olandese e, quindi, con una limitata popolazione di pesci.
Ecco i punti salienti che tratterò:
- Il fondo; come allestirlo e cosa mettere sotto
- Che tipo di vasca ci conviene avviare?
- Come allestire un filtro; cosa serve e cosa è meglio evitare
- Che tipo di illuminazione è più indicata?
- L'aeratore lo metto?
- Il cavetto sotto sabbia serve?
- Il filtro sotto sabbia è adatto?
- Che acqua usare?
- Che temperatura deve avere l'acqua?
- Serve la CO2?
- Come nutrire i pesci
- Il fotoperiodo; come illuminare le piante
- Come si devono nutrire le piante?
Come allestire il fondo
Il fondo in una vasca di piante è il punto più importante fra tutti i possibili. Il perché è presto detto: il fondo deve avere tutti i nutrienti che servano alle piante, li deve tenere lontani dalla colonna d'acqua, per non darli in pasto alle alghe, e li deve rilasciare per il più lungo periodo possibile. Purtroppo, riuscire a soddisfare tutti questi requisiti contemporaneamente è molto difficile, per non dire impossibile.
Suggerire un metodo per fare un buon fondo, tuttavia, non è impresa titanica e in queste poche righe cercherò di dare quanti più suggerimenti possibili a riguardo.
Substrato
Innanzitutto, cominciamo dalla parte più a vista e importante, il substrato. Con questo termine si intende la parte del fondo che rimane sopra ogni altra e in cui metteremo a dimora le piante, su cui appoggeremo gli arredi e in cui i pesci da fondo scaveranno con maggior divertimento. Per tutte queste ragioni, il substrato dovrà essere in grado di soddisfare il nostro gusto personale, le necessità delle piante e i bisogni dei pesci. Fortunatamente, il mercato ci offre una grandissima varietà di materiali, da quelli appositamente prodotti per gli acquari a quelli "recuperati" da altre discipline. Vediamoli più in dettaglio.
Ghiaia
E', forse, il fondo più usato in assoluto. E' costituito da sassi più o meno piccoli e di vari materiali. Il mio consiglio è di usare ghiaia che sia in quarzo e, se possibile, ceramizzata. Questo prodotto, dal costo relativamente basso, ha diversi pregi. Innanzitutto, non rilascia calcare, com'è tipico del ghiaino policromo classico (prodotto che sconsiglio vivamente in un acquario dedicato alle piante); inoltre, i sassi hanno una forma arrotondata che non ferisce i delicati apparati buccali dei pulitori di fondo, come i Corydoras o gli Ancistrus. In ultimo, cosa non disprezzabile, viene venduta in diversi colori, dal bianco al nero, passando attraverso tutti i colori dell'iride (esistono ghiaie rosse, blu, verdi ecc). Io consiglio di usare un colore scuro, meglio nero, in quanto rende più brillanti i colori dei pesci e li tranquillizza, rendendoli meno timidi. Per calcolare quanta ghiaia vi serve per allestire il vostro fondo, fate questo semplice calcolo: misurate le dimensioni della base della vasca (larghezza e profondità) e moltiplicate tra loro i valori in centimetri così ottenuti. Fatto questo, moltiplicate il risultato ottenuto per i centimetri di altezza che il vostro fondo dovrà avere. Il risultato che otterrete dovrà essere diviso per 1000. Così facendo, avrete calcolato il volume, in litri, del fondo; la quantità di ghiaia necessaria per questo fondo corrisponde a un numero di chilogrammi pari al volume ottenuto in litri (il dato è approssimato, ma in genere ci si azzecca a sufficienza).
Per avere un buon fondo in cui piantare i fusti sottili di molte piante, o non rischiare di vedere andare a galla un Echinodorus o un'Anubias, vi consiglio almeno una profondità di circa 10 cm.
Lava
In alcune occasioni mi è stato chiesto se sia possibile fare un fondo con questo materiale. In linea di principio la risposta potrebbe essere positiva; la lava è un minerale molto ricco e bello da vedere. Purtroppo, però, ha un grosso difetto, presentando spigoli vivi molto acuminati, tali da mettere seriamente in pericolo l'incolumità dei pulitori di fondo e di ogni altro pesce che decidesse di andare a brucare sul fondo del cibo eventualmente caduto. Per cui, tranne rare eccezioni, sconsiglierei di usare questo materiale per il fondo.
Sabbia
La sabbia è indubbiamente il materiale più naturale con cui allestire un fondo; è economico, è bello da vedere e va bene per tutti i pesci.
Ultimamente io sto allestendo le mie vasche con questo materiale e, devo ammettere, mi sto ricredendo e rendendo conto come, anche per la sabbia, le leggende metropolitane che girano sono davvero incredibili.
Circa un anno e mezzo fa scrivevo, infatti:
"Purtroppo, anche in questo caso esistono alcuni lati negativi che mi portano a sconsigliare un simile fondo per una vasca di piante. Per prima cosa, la sabbia ha un potere di "trattenimento" delle radici delle piante nettamente inferiore a quello della ghiaia; ciò significa che per poter avere la stessa possibilità di piantare uno stelo di Egeria, ad esempio, è necessario uno strato di sabbia MOLTO più alto che non uno di ghiaia. E questo, ovviamente, trascina con sé un altro effetto negativo, dato dalla minor permeabilità del fondo in sabbia all'aria che non un fondo in ghiaia. In pratica, con un fondo in sabbia più alto di 5 cm ci sono forti rischi di creare zone con poco ossigeno in cui si inneschino processi di decomposizione profonda. Per evitare ciò, potrebbe essere utile abbinare a uno buon fondo in sabbia l'uso di un cavetto riscaldante di sufficiente potenza; in questo modo, il movimento dell'acqua riscaldata attraverso il fondo dovrebbe garantire la sufficiente ossigenazione.
Ultimo neo, la difficoltà a pulire il fondo e la facilità con cui si può rimescolare, liberando i fertilizzanti, eventualmente nascosti in essa, nell'acqua della vasca."
In effetti, devo ammettere che tutto questo è incredibilmente falso.
I miei fondi in sabbia trattengono benissimo anche le piante a fusto anzi, le trattengono molto meglio di quanto farebbe un fondo in ghiaia, tanto da farmi dire che un fondo in sabbia da 5 cm è più che sufficiente.
Se si ha, poi, l'accortezza di inserire alcune piante dotate di buon apparato radicale, come le Cryptocoryne e gli Echinodorus, l'ossigenazione che queste producono nel fondo è più sufficiente a evitare problemi di decomposizione e anossia.
Quanto alla pulizia, poi, questa è anche più facile che non per un fondo in ghiaia in quanto è sufficiente aspirare con un piccolo tubo ciò che si deposita sul fondo e che non viene rimosso dal filtro, senza il problema di rimescolare il substrato, come accade sifonando la ghiaia.
Infine, i fertilizzanti nascosti sotto la sabbia restano "schermati" e non si trasferiscono con facilità alla colonna d'acqua, come avviene coi fondi in ghiaia.
In pratica, oggi devo ammettere che un fondo in sabbia è sicuramente da preferire a uno in ghiaia.
Akadama
Un substrato che, se non in tempi recenti, non è mai stato impiegato in acquariofilia. E' costituito da un terriccio per bonsai che proviene dalle pendici del Monte Fuji. Esiste in differenti composizioni, a seconda della profondità da cui viene estratto, e in differenti granulometrie. Io lo uso in grana grossa come base, per ridurre la possibilità di avere zone povere di ossigeno, che copro con quello a grana più fine. Dato il suo colore marrone, rende l'acquario molto più naturale della ghiaia ed è meno problematico per i pesci per la sua tenerezza. E' una via di mezzo tra la ghiaia e la sabbia, quindi, con i lati positivi di entrambe e senza aspetti negativi. Purtroppo, questo prodotto viene commercializzato solo da centri specializzati in bonsai, mentre è più facile trovare un prodotto del tutto analogo in forma, anche se non del tutto come colore e consistenza, ma di qualità nettamente inferiore. Spesso, questo pseudo-akadama, dopo un certo periodo di immersione in acqua, inizia a sfaldarsi e diventa una fanghiglia orribile a vedersi. Per cui, se decideste di allestire una vasca con questo materiale, accertatevi che sia il prodotto originale giapponese. Nella pagina dell'allestimento del Prezzemolino potrete vedere il sacco da 10 litri in formato originale; vi aiuterà a non sbagliare nella scelta.
Una nota finale: questa terra ha un elevato potere addolcente dell'acqua; nei primi mesi di utilizzo è INDISPENSABILE monitorare frequentemente il GH in quanto calcio e magnesio vengono letteralmente "risucchiati" da questo prodotto (a me è capitato di assistere alla scomparsa, nel giro di 5 giorni, di 6°dGH).
Fertilizzante
Questa parte del fondo non è strettamente necessaria, anche se per un acquario di piante è fortemente consigliata. Anche in questo caso, il mercato acquariofilo offre un'ampia scelta di soluzioni più o meno "chiavi in mano" per allestire un buon fondo fertilizzato. Tuttavia, per chi volesse cimentarsi in un fai da te all'insegna dell'esperimento, ecco cosa vi consiglio di usare.
Laterite o terra rossa
Come ho già esposto in altri punti del mio sito, questo materiale NON HA potere fertilizzante; anzi, come fertilizzante non vale proprio nulla. Per cui, vi sconsiglio di usare questo prodotto al di fuori della metodologia messa a punto dalla casa che per prima l'ha proposto sul mercato. Senza contare che se il fondo non viene fatto bene, è facile che esca durante le operazioni di piantumazione e di pulizia, con conseguenze del tutto sgradevoli.
Pomice
Questo materiale, invece, è sicuramente da consigliare per diversi motivi. Per prima cosa, ha un discreto potere fertilizzante in quanto contiene tutti i nutrienti che servono alle piante e che esse possono facilmente recuperare. Secondariamente, la sua porosità favorisce l'insediamento di batteri che aiutano a decomporre i residui che si dovessero depositare nel fondo, aiutando a fertilizzare. Il mio consiglio è di mettere 1/5 dell'altezza del fondo in pomice. Ottima, per questo scopo, anche per la sua alta densità che non la porta a galleggiare, è la pozzolana, facile da reperire nei centri che vendono materiale per bonsai.
Torba
In alcuni casi è consigliabile usare torba in granuli o di sfagno come fonte di materiale organico per le radici delle piante. Sicuramente, tra i due tipi è sicuramente da preferire la prima, possibilmente per uso acquariofilo, in quanto più stabile e con meno problemi di decomposizione dello sfagno. Un dosaggio adeguato è di circa un pugno di torba in granuli per 100 litri di acqua.
Terriccio fertilizzato
Nonostante questa cosa possa far inorridire i più vecchi e ortodossi acquariofili, è possibile usare il terriccio che si usa comunemente per il giardinaggio. E' ovvio che questo impiego dovrà essere riservato a quegli acquariofili un po' smaliziati che abbiano un minimo di esperienza di manutenzione e che siano in grado di rimediare a eventuali inconvenienti derivanti da una sovra fertilizzazione, cosa non rara con questo tipo di prodotto. Lo consiglio soprattutto a chi allestisca un fondo in sabbia.
Carbone
In alcuni allestimenti si suggerisce l'aggiunta di carbone nel fondo. Lo scopo, secondo me, è di adsorbire l'eccesso di sostanza organica derivante dalla presenza di fertilizzazioni troppo spinte (ad esempio, con terriccio), cedendo più lentamente nel tempo queste sostanze, oltre a fornire un discreto substrato ai batteri, come accade per la pomice. Un cucchiaino da caffè per 100 litri di acqua basteranno per le nostre necessità.
Calcio carbonato (calcare)
Anche questo prodotto ha un uso alquanto specifico per certi allestimenti "garibaldini"; il suo scopo è quello di alzare leggermente il pH dei fondi troppo fertilizzati, magari con torba e terriccio, ed evitare grossi problemi alle radici delle piante, che amano sì l'acidità, ma non eccessiva. Circa 10/20 grammi di calcio carbonato in un fondo per 100 litri di acqua è una quantità sufficiente a nostri scopi.
Osmocote®
Questo prodotto, di recente immissione sul mercato, ha il pregio di fornire alcuni elementi, come azoto, fosforo e potassio, cedendoli in maniera controllata e costante nel tempo, senza per questo inquinare l'acqua. Esiste in diversi rapporti tra i nutrienti e in diverse durate. Tuttavia, è un prodotto da consigliare "con le pinze" data la sua potenza. Un dosaggio ragionevole può essere di una decina di grammi per una vasca da 100. Un conto corretto, tuttavia, lo si ottiene basandosi sul suo contenuto di fosforo e considerando di non avere mai in acqua più di 0.05 mg/L di fosfato, supponendo che il prodotto possa rilasciarlo tutto in un solo colpo. Solo in questo modo sarà possibile dosare correttamente questo fertilizzante in funzione della sua composizione. Un suggerimento: se allestite una vasca non solo per le piante, ma anche per i pesci, i residui che cadranno sul fondo, se non verranno rimossi, formeranno, col tempo, un'ottima fonte di nutrimento per le piante che renderà superfluo l'uso di questo prodotto.
La vasca dedicata alle piante
Come deve essere una vasca dedicata alle piante? La risposta più semplice sarebbe: come piace a voi. Purtroppo, però, le cose non vanno mai in maniera così semplice.
Che vasca?
Una vasca di piante dovrebbe avere, secondo me, alcune caratteristiche fondamentali: innanzitutto, essere "comoda" per le piante, poi, essere comoda per noi e, infine, essere comoda per i pesci.
Tralasciando i pesci che, come detto più volte, non sono l'elemento più importante per queste vasche e che possono, addirittura, non esserci per nulla, direi che la vasca aperta riesce a soddisfare in pieno le prime due richieste. Perché non soddisfi la terza è presto detto; una vasca aperta potrebbe, in molti casi, essere dannosa per i pesci perché è facile che essi saltino fuori, facendo una brutta fine sul nostro pavimento. Quindi, nella scelta di una vasca, non trascuriamo questo particolare: se abbiamo intenzione di mettere pesci, oltre alle piante, una vasca aperta presenta più rischi di una dotata di coperchio e, quindi, sarà necessario tenere presente che non potremo inserire "pesci notoriamente saltatori" in essa. Tra le altre cose, anche gli Anabantidi sono vivamente sconsigliati; la loro abitudine a prendere una "boccata d'aria" richiede che l'atmosfera sopra il pelo dell'acqua sia relativamente umida e calda, per evitare loro possibili malattie all'apparato respiratorio.
Visto e considerato tutto questo, perché una vasca aperta?
Be'... come prima cosa, la vasca aperta è molto più facile da controllare e curare; le operazioni di potatura, trapianto, fertilizzazione ecc. sono più agevoli se non si ha un coperchio tra le mani; inoltre, su una vasca aperta c'è la possibilità di montare plafoniere con illuminazioni più potenti di quelle concesse dai comuni coperchi (montare delle HQL o delle HQI su acquari dotati di coperchio è assolutamente impossibile).
Inoltre, da non trascurare assolutamente, la vasca aperta consente alle piante di poter fuoriuscire, con conseguente possibilità di assumere CO2 atmosferica e, cosa non trascurabile, di poter fiorire.
Un'obiezione che viene notoriamente mossa alle vasche aperte è che esse disperdono nell'ambiente più acqua; questo significa maggior evaporazione e incremento dell'umidità del locale dov'è situato l'acquario.
A tale riguardo posso confermare che l'evaporazione di una vasca aperta, se tenuta ad almeno 25°C, si aggira nell'ordine dell'1% al giorno (in pratica, una vasca da 100 litri perde circa un litro di acqua al giorno per evaporazione). Questo, in alcuni casi, non è per nulla dannoso. Ad esempio, in molte case, durante l'inverno, il riscaldamento domestico porta l'aria dei locali a diventare molto secca, con conseguenti danni all'apparato respiratorio di noi umani (è noto, infatti, che in inverno l'incidenza di malattie all'apparato respiratorio aumenta); un acquario aperto, grazie alla sua evaporazione, rende più umida l'aria di casa (senza, tuttavia, arrivare alle tanto temute muffe su muri e mobili; infatti, è sufficiente aerare il locale una volta al giorno, come si dovrebbe normalmente fare, per escludere questa possibilità).
Per quello che mi riguarda, le mie tre vasche casalinghe sono tutte aperte e non ho MAI riscontrato alcun danno a muri o mobili.
La vasca aperta, inoltre, richiede un sistema di filtrazione esterno, sicuramente più adatto alla vasca di piante in quanto è possibile ridurre la quantità di substrato per i batteri, come già spiegato in altri punti del sito.
Una vasca aperta, infine, costa solo poco di più di una vasca chiusa, in quanto il risparmio che si realizza nell'acquisto dei soli vetri compensa la spesa necessaria per plafoniera e filtro esterno (ancor più se ci si accontenta di illuminazioni più spartane e meno sofisticate di quelle proposte dall'industria acquaristica).
Quindi, alla fine di tutto questo discorso, per le piante è sicuramente meglio una vasca aperta.
Dove metterla?
Si sente spesso dire che un acquario non deve essere messo in alcune zone della casa (vicino alla porta, vicino a una finestra ecc.). Indubbiamente c'è del vero in tutte queste precauzioni, ma io non le ritengo per nulla vincolanti. Uno dei miei acquari è proprio di fianco alla porta di ingresso e l'altro, guarda che caso, vicino a una finestra esposta a sud. Dunque, se abbiamo la possibilità, scegliamo la zona dove posizionare la nostra vasca secondo le "sacre direttive", ma non rinunciamo a un acquario per il solo motivo che "se non lo metto vicino alla finestra, non so dove metterlo...".
Quello che, invece, non deve essere trascurato è il peso che la nostra vasca eserciterà sul pavimento; una vasca da 200 litri, ad esempio, peserà SICURAMENTE più di 200 chili, nonostante ciò che ci insegnarono a scuola (e cioè che un litro d'acqua pesa un chilo). Quello che normalmente si trascura è che un acquario non è solo... acqua, ma anche vetro, sassi, ghiaia, mobile e... acquariofili che lo guardano da vicino. Per cui, per vasche fino ai 200 litri, a meno di non abitare in case molto vecchie, la posizione dell'acquario nella stanza non è molto importante; per vasche più voluminose, invece, è utile controllare la resistenza del pavimento e posizionarle quanto più possibile vicine ai muri perimetrali o portanti; evitate di mettere grosse vasche al centro di una stanza o come separatori tra stanze.
Su cosa metterla?
Il sostegno di una vasca merita la stessa attenzione, se non di più, del pavimento e del posto in cui piazzarla. E' abbastanza intuitivo, infatti, che anche se il nostro pavimento fosse rinforzato, andare a mettere una vasca da 200 litri su un tavolino con tre piedi, il disastro è annunciato...
Quindi, cercate di utilizzare sempre i mobiletti in dotazione alle vasche e non adattate MAI mobili dismessi o di scarsa stabilità per le vasche, anche se piccole; il minimo urto, con conseguente oscillazione della struttura, potrebbe rivelarsi fatale.
L'ambiente
Come già detto, l'ambiente in cui mettere una vasca non è molto importante, se la vasca è dedicata alle piante. Ben altra cosa, invece, potrebbe essere se nella vasca decidessimo di mettere anche pesci, magari tanti. In questo caso, meglio mettere la vasca in una zona tranquilla della casa, dove il passaggio sia limitato. Soprattutto, però, evitate di usare, in ogni caso e in prossimità della vasca, prodotti per la pulizia della casa, dall'ammoniaca per i pavimenti, alle cere per legno o ai detergenti per i vetri (sopratutto, evitare di pulire con questi ultimi prodotti i vetri della vasca, in particolar modo se si tratta di una vasca aperta).
Anche l'uso degli zampironi dovrebbe essere evitato, come il fumo di sigarette, sigari e pipa. La presenza di un aeratore, che preleva l'aria dell'ambiente e la forza in vasca, incrementa il rischio di una intossicazione generale dei pesci in zone inquinate da questi prodotti.
L'altezza
Sembra una sciocchezza, ma non lo è per nulla. Spesso, solo dopo aver montato una vasca e aver fatto una fatica terribile, ci si rende conto che la si è messa all'altezza sbagliata (troppo bassa se la visione deve avvenire in piedi o troppo alta se la si ammira, prevalentemente, seduti su una poltrona). Quindi, prima di posizionare la vasca, pensate a come la guarderete; l'acquario dovrà essere, per prima cosa, ammirato e contemplato e una posizione scomoda rende la visione difficile e fastidiosa.
Il filtro
Come tutti sanno, il filtro è il cuore dell'acquario; è lui che "cattura" le sostanze nocive e le trasforma in innocue per i nostri pesci, pulisce l'acqua dalle particelle in sospensione, tiene l'acqua in movimento eccetera eccetera.
Però, in una vasca dedicata alle piante, non è sempre vero che tutte queste operazioni siano effettivamente positive per tutto il sistema acquario. Vediamo di chiarire in parole semplici cosa intendo dire con questa affermazione.
Come detto, il compito principale del filtro di un acquario è prendere l'acqua dalla vasca e eliminare da essa tutte le sostanze che possono essere tossiche per i nostri ospiti. In cima a questa lista si trova, ovviamente, l'ammoniaca. Un filtro ben maturo trasforma l'ammoniaca in nitrito e poi in nitrato, una sostanza decisamente meno tossica per i pesci.
Questo, dal punto di vista dei pesci, è quanto di meglio si possa sperare, ma per le piante è la stessa cosa? Ovviamente, la risposta non può essere che negativa. No! Le piante non gradiscono questo tipo di lavoro. L'ammoniaca presente in acqua, e proveniente dal metabolismo dei pesci, si trova prevalentemente sotto forma di ammonio (a meno che la vostra vasca non abbia un pH così elevato da vanificare tutto quanto sto per dire), come è facile vedere nella tabella che riporto nella parte relativa alla chimica. Questo ione, NH4+, oltre ad essere molto meno tossico dell'ammoniaca, è anche molto più gradito alle piante che non il più noto nitrato.
Perché mai? direte voi... fino ad oggi ci hanno sempre raccontato che le piante assorbono i nitrati e ora questo ci salta fuori con questa bella trovata?
Ebbene sì; fino ad oggi vi hanno sempre raccontato una parte della verità. L'altra parte, che non tutti raccontano semplicemente perché non tutti la conoscono, è che il metabolismo delle piante è molto complesso e i meccanismi di assorbimento dei nutrienti dovrebbero essere approfonditi e studiati con maggior attenzione.
Ora, non è questo il luogo dove fare una dissertazione di fisiologia delle piante e mi limiterò, quindi, a raccontare le cose in modo molto semplice.
Le piante richiedono grosse quantità di azoto, dato che una buona parte del loro tessuto e dei loro componenti cellulari contengono questo elemento. Tuttavia, al contrario di quanto si supponga, l'uso dell'azoto da parte di una pianta non avviene in forma di nitrato, se non in rare eccezioni, ma in forma di AMMONIO. Proprio così; una pianta usa come fonte primaria di azoto lo ione tanto odiato dagli acquariofili e non il tanto decantato nitrato.
Detto così, non sembrerebbe tanto complicato. Invece, sotto c'è il trucco: se noi diamo alla pianta il nitrato, la pianta se lo deve trasformare in ammonio, prima di usarlo. Questa trasformazione, purtroppo per noi, costa tanta energia alla pianta, tanto che se la pianta potesse usare solamente ammonio come fonte di azoto, potrebbe fotosintetizzare con una velocità del 30% più alta. Invece, ricevendo nitrato, la pianta deve usare parte dell'energia che ricava dalla fotosintesi per ridurre questa sostanza ad ammonio e poi usarlo per produrre gli amminoacidi di cui ha bisogno.
Tutto questo discorso dove ci porta? Ci porta a definire un punto molto importante:
in un acquario di piante, un filtro
NON DOVREBBE ESSERE TROPPO EFFICIENTE!
In parole semplici, l'ammonio prodotto dai pesci dovrebbe essere lasciato a disposizione delle piante, evitando che passi troppo presto dal filtro, che costringerebbe le piante a un lavoro supplementare: ridurre nuovamente il nitrato appena ossidato dal filtro.
Ed eccoci, quindi, al punto cruciale del nostro discorso: come si allestisce un filtro per l'acquario di piante?
Partiamo dal classico biologico a tre scomparti, tanto diffuso in Italia; del filtro esterno parleremo dopo.
Il filtro biologico
Nel primo scomparto, in genere più piccolo e collegato alla vasca tramite una serie più o meno abbondante di fori, si dovrebbe mettere il riscaldatore a provetta. Per evitare guai, il mio consiglio è di mettere un riscaldatore di buona qualità e, possibilmente, di tipo elettronico. Costa un po' di più, ma vi garantisce una costanza di rendimento nel tempo senza uguali e non vi giocherà mai brutti scherzi. Come wattaggio, il consiglio che si dà normalmente è di 1W/L, circa. Io vi dico che la cosa ha una certa importanza nelle fasi iniziali, quando l'acqua deve essere portata in temperatura. In seguito, il wattaggio del riscaldatore non è più così importante, dato che dovrà solo impedire che l'acqua scenda troppo al di sotto del valore impostato. Per cui, se proprio volete risparmiare, fatelo sulla potenza, non sulla qualità.
Il secondo scomparto è quello più importante. In genere, si riempie di materiale adatto ad ospitare i batteri nitrificanti e lo si copre con spugna o lana di perlon che esegua la filtrazione meccanica. E qui si decide il destino del nostro filtro. Per una vasca dedicata alle piante, io consiglio di non riempire troppo questo scomparto, per evitare un eccessivo insediamento di batteri. In pratica, per un acquario da 100 litri, basta mettere un litro di cannolicchi di ceramica, o di materiale equivalente, a svolgere la funzione di substrato per i batteri e di coprire il tutto con una bella spugna sintetica (non usate le comuni spugne da bagno, ma solo quelle opportunamente prodotte per acquari) o un bel batuffolo di lana di perlon, che non dovrà essere compresso con una pressa idraulica, ma dovrà essere lasciato quanto più possibile soffice e voluminoso. Ci penserà il passaggio dell'acqua a comprimerlo quanto basta. Ciò che è importante è non lasciare zone libere in cui l'acqua possa infiltrarsi, saltando la fase di filtraggio meccanico. Disponete bene la lana di perlon su tutta la superficie dei cannolicchi di questo scomparto. Il consiglio che vi do è di inserire i cannolicchi in una reticella di plastica a maglie larghe (ideale, a questo scopo, quella rete che si usa per i limoni o le arance nei supermercati); questo vi renderà le cose più semplici quando vorrete sollevare i cannolicchi per pulire il filtro dalla fanghiglia che, immancabilmente, si accumulerà sul fondo di questo scomparto. In alternativa, se ve la sentite, potete infilare uno per uno tutti i cannolicchi con del filo di nylon (ottimo quello da pesca) come una collana. Quando sarà il momento di pulire il filtro, vi basterà tirare un cannolicchio per estrarre tutta la "collana" dal filtro. Quando fate questo, ricordate di mettere subito i cannolicchi estratti a mollo in un secchio, in cui avrete messo un po' di acqua dell'acquario (quanto basta per tenerli coperti), e di tenerceli per tutto il tempo che vi servirà per pulire il filtro. Se questo tempo dovesse superare la mezzora, è utile aerare l'acqua del secchio con una porosa e un aeratore.
Nel terzo e ultimo scomparto, si potrà mettere la pompa; per la sua portata, esistono diverse scuole di pensiero. A me piace avere una pompa molto veloce che tenga ben movimentata l'acqua e ne faccia passare il più possibile nel filtro, per incrementare la filtrazione meccanica e rimuovere tutto il particolato in sospensione che ostacolerebbe la penetrazione della luce. Il getto della pompa dovrà essere diretto quanto più possibile parallelo alla superficie dell'acqua, ma senza creare fontane, per ridurre la possibilità di disperdere la CO2, tanto faticosamente immessa in acqua.
Un'ultima nota sui materiali da usare per i cannolicchi; oggi vanno molto di moda i cannolicchi ultra porosi che garantiscono alte superfici di insediamento per i batteri e possibilità di zone anaerobiche che riducano i nitrati ad azoto gassoso. Come abbiamo visto fin qui, queste sono due situazioni che in un acquario di piante dovrebbero essere evitate come la peste. Quindi, se volete un consiglio, NON usate cannolicchi super porosi per questo tipo di filtro, ma limitatevi ai cannolicchi classici in ceramica comune. Saranno più che sufficienti per svolgere il loro lavoro.
Il filtro esterno
Questi tipo di filtro è, forse, il più indicato per le vasche di piante, in quanto non disturba la visuale e svolge il suo compito con un passaggio "forzato" dell'acqua attraverso tutti i suoi scomparti e materiali filtranti.
Come allestire un filtro di questo tipo non è possibile dirlo in generale, dato che ognuno è fatto alla sua maniera; quello che si può dire è che i materiali da inserire dovrebbero rispettare quanto finora detto, sia come ordine di inserimento che come tipologia. Quindi, prima la filtrazione meccanica con spugne e lana e poi quella biologica, con pochi cannolicchi, strettamente di ceramica e non super porosi.
Le luci
Le luci... un argomento difficile da trattare in poche righe e, soprattutto, senza conoscere nulla delle vasche che si vogliono allestire. Sul questo sito troverete diversi paragrafi riguardanti questo argomento che, spero, soddisfino la curiosità dei più. Ciò che non troverete è una trattazione sul tipo di luce o di lampada da installare su una vasca, dato che queste informazioni sono decisamente abbondanti in tutta la rete. Sul sito del GAEM, ad esempio, potrete trovare una serie di articoli che trattano della luce in acquario.
Quello che vorrei qui puntualizzare è il tipo di illuminazione da mettere su una nuova vasca.
Innanzitutto, premetto che io sono un accanito sostenitore dell'acquario aperto. Molti hanno da ridire su queste scelte perché, obbiettano, in queste vasche l'evaporazione, sopratutto in estate, è molto alta e ci sono rischi di umidità eccessiva in casa che possona procurare disagi e danni materiali agli arredamenti.
Io posso dire che per esperienza diretta, sia mia che di altre persone con vasche aperte, l'unica osservazione ragionevole è quella legata all'evaporazione dell'acqua. Tutti gli altri possibili discorsi sull'umidità in casa sono da dimostrare; in primo luogo, sopratutto nei mesi invernali, avere una vasca che porta in ambiente dell'acqua è più un beneficio che un danno. Non dimentichiamo, infatti, che i nostri appartamenti tendono ad essere sovrariscaldati nei mesi invernali e l'umidità relativa è sempre molto bassa. L'acqua che evapora da un acquario è solo salute per il nostro sistema respiratorio. Per chi avesse timori di muffe su muri e armadi, inoltre, posso garantire che è sufficiente una sana e regolare procedura di cambio dell'aria, una volta al giorno, come tutti dovremmo comunque fare. Tenere aperte le finestre per cambiare l'aria per un quarto d'ora ogni giorno ci mette la riparo da ogni pericolo.
Tornando all'evaporazione, come tanti altri prima di me hanno notato, l'evaporazione media è di circa l'1% al giorno (tenuto presente che sopra la mia vasca, ad esempio, sono appesi 2 fari ad alogenuri metallici da 70W l'uno); per cui, per una vasca da 100 litri, aspettiamoci di rabboccare settimanalmente con acqua RO, circa 7-8 litri di acqua.
Riguardo a ciò, devo sottolineare che io ho, attualmente, in funzione 4 vasche di cui 3 completamente aperte (2 delle quali da 20 litri) e non ho mai avuto problemi di sorta per via dell'evaporazione.
Premesso questo, il tipo di illuminazione di una vasca dovrebbe tenere presente le caratteristiche della vasca stessa, se aperta o chiusa, innanzitutto.
Partiamo dal caso più comune, la vasca chiusa. In questi casi, la scelta è obbligata: tubi fluorescenti, lineari, compatti o ad alta efficienza. Detta così, sembrerebbe anche facile; in realtà, dietro alla dizione "tubi fluorescenti" si nascondono insidie tremende per l'acquariofilo. Nel caso della vasca aperta, invece, la plafoniera o i fari appesi sopra di essa, sono una necessità. In questo caso, ogni tipo di lampada, tra quelle descritte sotto, può essere utilizzata per l'illuminazione. In ogni caso, ricordiamo che un buon riflettore è in grado di incrementare sensibilmente la resa luminosa di qualsiasi lampada.
I tubi lineari
Questi rappresentano la stragrande maggioranza delle realizzazioni in acquario chiuso. Pur rappresentando il miglior compromesso tra dimensioni, consumi e resa, non è sempre facile stabilire quali e quanti tubi inserire. In linea di principio, posso dire che i tubi fluorescenti non sono mai troppi. Anzi, in genere, le vasche commerciali, per problemi legati alla sicurezza e alle regole CE, sono sempre portate a sottodimensionare questa importante risorsa per l'acquario di piante. Per cui, nei limiti del possibile e delle nostre capacità, io invito sempre ad incrementare il numero di tubi fluorescenti da inserire in un acquario. Come idea generale, una vasca da 100 litri, lunga circa 80-85 cm e alta 35, dovrebbe ospitare come minimo 3 tubi da 18-20W; l'ideale sarebbe sistemarne 5. Oppure, dotare quelli esistenti di riflettore o, alla peggio, di uno strato di stagnola, la stessa che si usa comunemente in cucina per conservare i cibi.
Con l'aumentare della lunghezza della vasca, il numero e la potenza dei tubi e, di conseguenza, i consumi, crescono. Per questo motivo, prendere in esame la possibilità di aprire la vasca permette di passare a soluzioni inizialmente più costose (anche se non di molto), ma, sicuramente, più economiche alla lunga (un faro ad alogenuri metallici da 70W, ad esempio, copre una vasca da 80 cm senza problemi, consuma meno di 5 tubi da 20W e i costi iniziali di acquisto sono, paradossalmente, di molto inferiori).
La loro durata può essere calcolata, mediamente, intorno ai 12-15 mesi, anche se il loro rendimento cala di un buon 10-15% già dopo le prime 2 settimane. Inoltre, non dimentichiamo che la luce emessa da queste lampade tende a disperdersi con molta facilità, tanto da renderne sconsigliabile l'uso in vasche in cui la colonna d'acqua sia superiore ai 40 cm.
Un'ultima cosa: accanto ai tubi appositamente venduti per acquariofilia esiste tutta una gamma di prodotti per illuminotecnica, con caratteristiche identiche, se non migliori, e a prezzi decisamente inferiori; pensateci, prima di cambiare i vostri tubi.
I tubi fluorescenti compatti
Questo tipo di lampada ha una caratteristica unica: a parità di spazio occupato può raggiungere potenze anche 3 volte superiori a quelli dei normali tubi fluorescenti. Purtroppo, la disponibilità di wattaggi e di temperature di colore non è la stessa che si ha per i tubi lineari, ma è sempre più che sufficiente per coprire i maggiori fabbisogni di noi amanti delle piante. Gli svantaggi di queste lampade, oltre ai consumi nettamente superiori, sono costituiti dal costo maggiore e dalla necessità di dover allestire tutto l'impianto ex novo, dato che richiedono attacchi particolari, non stagni, e l'uso di costosi alimentatori elettronici, per i tubi più potenti, e non i più economici magnetotermici, normalmente impiegati per i tubi lineari.
Quello che vi posso garantire è che la resa sarà sicuramente favolosa.
I tubi ad alta efficienza
Questi prodotti, di recente comparsa sul mercato italiano, sono analoghi ai tubi lineari sopra descritti, ma con un diametro più ridotto del tubo. La resa luminosa è nettamente superiore a quella dei tubi da 26 mm di diametro, ma richiedono attacchi non standard per acquariofilia e una certa manualità nel fai da te per installarli. Per chi potesse permetterseli, sono certamente da prendere in considerazione.
Le lampade a risparmio energetico
Tratto queste lampade per ultime, tra le fluorescenti, sia per la scarsa scelta che si ha sia perché poco impiegate nel nostro settore. Possono andare bene per piccole vasche aperte, dati i ridotti wattaggi, anche se restano, a mio avviso, nettamente inferiori, come rese luminose, ai tubi compatti sopra descritti.
Lampade a vapori di mercurio
Queste lampade, lanciate anni fa dalla linea Dupla, oggi non trovano più molta applicazione nel nostro settore. La disponibilità limitata di temperature di colore e le rese luminose nettamente superiori delle lampade ad alogenuri metalli le hanno fatte diventare presto obsolete e poco richieste. Resta a loro vantaggio la relativa economia e la praticità, anche se è da tenere presente che devono essere ben schermate contro le emissioni ultraviolette, generalmente molto forti.
Lampade ad alogenuri metallici
Forse la scelta migliore nel campo dell'illuminazione per acquari. Queste lampade, anche se relativamente costose e di limitata scelta come temperature di colore, hanno il vantaggio di avere una resa luminosa molto alta, non tanto in valori assoluti (un tubo fluorescente, a parità di potenza, è anche meglio) quanto relativamente al fatto che possono concentrare il fascio luminoso in una ben precisa zona della vasca, raggiungendo senza troppa fatica anche il fondo di vasche piuttosto alte. Inoltre, grazie a questa maggior efficienza nella diffusione della luce, possono costituire un risparmio nei consumi, in paragone ai tubi lineari o compatti. Anche queste lampade, come quelle a vapori di mercurio, hanno forti emissioni nel campo degli UV; è necessario, quindi, accertarsi, al momento dell'acquisto, che siano UV Stop, o che i vetri di protezione dei fari, sempre obbligatori, siano schermanti degli UV.
Lampade alogene
L'ultimo tipo di lampade che tratto sono di scarsissimo impiego nel nostro campo, dato che hanno diversi inconvenienti: alta temperature di esercizio, alti consumi, scarsa disponibilità nelle temperature di colore maggiormente usate in acquari di piante (maggiori di 5000K) e bassissimo rendimento luminoso (a parità di potenza, nettamente inferiori a qualsiasi tubo lineare). Possono essere usate in vasche piccole, ma a costi molto alti, tali da sconsigliarne caldamente l'impiego.
L'aeratore, questo sconosciuto.
Ecco un altro tema "caldo" (anche se già trattato in un altro punto del sito) per l'acquario di acqua dolce: l'aeratore. In genere, questo accessorio viene utilizzato a sproposito dal principiante e viene snobbato bellamente dall'esperto. Perché? Serve un aeratore?
Vediamo di capire, innanzitutto, alcune cose fondamentali.
Un aeratore (non ossigenatore, come spesso viene chiamato) ha lo scopo di forzare una diffusione in acqua di aria atmosferica. Ho scritto ARIA, non ossigeno. In pratica, l'aeratore "preleva" l'aria dell'ambiente e la spinge in acqua, diffondendola attraverso una pietra porosa. In acqua, l'ossigeno e l'azoto, principalmente, si sciolgono. Una cosa che non tutti considerano è che insieme a questi due gas, che da soli costituiscono il 99% abbondante dei gas presenti in atmosfera, si introduce anche una piccola quantità di anidride carbonica che, spesso, è più che sufficiente al fabbisogno di una vasca scarsamente dotata di piante. Al contempo, il movimento che le bolle creano in acqua, se da un lato può costituire un indubbio punto di richiamo e di curiosità per chi si accosti per la prima volta ad un acquario, dall'altro producono un effetto sgradito a chi somministri anidride carbonica come fertilizzante per le piante: allontanano rapidamente il gas dall'acqua, vanificando ogni addizione esterna.
Quindi, a questo punto, si possono avere ragionevoli dubbi sull'utilità dell'aeratore.
In realtà, però, come detto all'inizio, le vasche dei principianti vengono spesso allestite con questo accessorio. A voler ben vedere, la cosa non è del tutto negativa. Infatti, tranne rare eccezioni, le vasche allestite da chi inizia ad affacciarsi a questo hobby per la prima volta, presentano tutte le stesse caratteristiche: tanti pesci, e inseriti tutti in una volta, poche piante, filtri sottodimensionati e immaturi. E' ovvio che, in queste condizioni, il problema dei problemi, per chi inizia, non tarda a presentarsi: il solito picco di nitriti.
Questa salita dei nitriti è dovuta, com'è ovvio, a un eccesso di inquinanti che la vasca (con filtro e piante) non riesce a smaltire. Chiariamo subito che non è l'aeratore che può servire a rimediare a un guaio del genere, ma, spesso, può aiutare, soprattutto gli animali più resistenti.
Inoltre, come detto, chi inizia ha poche piante e la CO2 fornita dall'aeratore, in genere, è quella che basta a nutrire adeguatamente le poche piante presenti. Infine, non dimentichiamo che con poche piante, l'ossigenazione dell'acqua resta molto scarsa ed è facile, soprattutto al mattino, che i pesci possano trovarsi in carenza di ossigeno; ecco che, anche in questo caso, un aeratore può essere sicuramente d'aiuto.
Per questi motivi, il mio parere è che per una nuova vasca di un principiante, un aeratore può sicuramente costituire più un aiuto che un danno. Per cui, alla domanda: l'aeratore lo metto o no? io risponderei certamente in modo affermativo, se stiamo parlando di una vasca d'inizio e dedicata ai pesci e non alle piante.
Poiché il nostro intento è di allestire una vasca per piante, però, credo che il discorso debba essere affrontato in maniera del tutto diversa.
Come ho scritto nel capitolo sull'utilità di un aeratore nella vasca di piante, in questo caso la scelta spetta a chi allestisce la vasca; se è davvero convinto che una saturazione di ossigeno possa costituire un ostacolo alla crescita delle piante, un aeratore acceso verso sera sicuramente aiuta.
Per i più curiosi, nessuna delle mie vasche ha l'aeratore.
:-))))
Ciao a tutti.
Il cavetto sotto sabbia
Il cavetto sotto sabbia è un'incognita per la maggior parte degli acquariofili. Molti, infatti, si sentono dire, al momento dell'allestimento della loro prima vasca, che è molto importante riscaldare il fondo per una corretta crescita delle piante.
Ma è vero?
Cercare di rispondere a questa domanda in via definitiva porterebbe a una guerra di religione senza fine; per questo motivo, mi limito a riportare le mie esperienze e le mie idee a riguardo.
Innanzitutto, vediamo di chiarire i motivi che hanno portato a spingere il mercato acquariofilo verso questo accessorio o verso una sua variante, la piastra.
Il cavetto sotto sabbia dovrebbe avere, nelle intenzioni di chi lo propone, la funzione di riscaldare il fondo in modo tale da favorire il radicamento delle piante e impedire la loro marcescenza, dovuta all'ormai famoso fenomeno dei "piedi freddi".
In realtà, questa è una pura e semplice opera di marketing. Infatti, nelle VERE intenzioni di chi lo propone, nell'ambito della propria filosofia, il cavetto avrebbe tutt'altra funzione. Vediamo di chiarirla con parole semplici.
Come prima cosa ricordo che esistono due tipi di cavetti da fondo: a bassa e ad alta potenza (mi riferisco al wattaggio prodotto, non all'alimentazione a 220 o a 12V). Il cavetto a bassa potenza avrebbe la funzione di favorire i processi batterici del substrato di fondo per rendere maggiormente disponibili le sostanze nutritive, in esso celate sia durante la fase di allestimento sia quelle depositatesi durante la normale vita dell'acquario. Questi cavetti non sono abbastanza potenti da produrre un efficace movimento di acqua attraverso il fondo e, quindi, non possono essere considerati come degli efficienti riscaldatori per l'acqua. A questi è sempre necessario abbinare un riscaldatore a provetta.
I cavetti ad alta potenza, invece, sono stati ideati con il solo intento di provocare il movimento dell'acqua nel fondo, non per scaldarla o per scaldare le radici delle piante, ma per far sì che l'eccesso di fosfati in essa accumulati potesse venire bloccato dal ferro presente nel fondo stesso; non dimentichiamo, infatti, che questa filosofia prevede l'allestimento di un fondo sterile (privo, cioè, di alcun tipo di fertilizzante) in cui sia stata distribuita una discreta quantità di laterite, una terra molto ricca di ferro. Attraversando la laterite, l'acqua cede a essa i fosfati, che vengono bloccati dal ferro presente e, quindi, sottratti alla disponibilità delle alghe. Data la potenza sviluppata, questi cavetti sono in grado di mantenere in temperatura l'acqua dell'acquario senza bisogno di altri sistemi riscaldanti.
Come vedete, le vere motivazioni dei produttori sono del tutto diverse da quelle normalmente vantate per questo tipo di accessorio.
Per quello che mi riguarda, io sono fermamente convinto che il cavetto non abbia alcuna funzione utile significativa per la crescita delle piante. Può servire nell'ambito dei vari metodi industriali, come sopra accennato, ma NON ESISTE un solo lavoro scientificamente valido che dimostri come le piante acquatiche necessitino di avere le radici riscaldate per crescere sane e robuste.
NON UNO!!!
Pertanto, il mio consiglio è il seguente: se la vostra vasca verrà sistemata in un ambiente riscaldato e nel quale, soprattutto durante l'inverno, la temperatura non scenda mai sotto i 20°C, il riscaldamento del fondo non serve a nulla; risparmiate i soldi del cavetto e acquistate, piuttosto, un impianto per la diffusione dell'anidride carbonica, sicuramente più utile. Questo, ovviamente, nell'ipotesi che la vostra sia una vasca normale e non debba seguire le filosofie industriali che prevedono l'uso di questo costoso accessorio.
Infine, se non avete intenzione di seguire scrupolosamente la filosofia che la propone, NON METTETE laterite nel fondo; il rischio di sollevarla durante le normali fasi di manutenzione dell'acquario è molto alto e questo potrebbe portare a contatto con l'acqua una grossa quantità di potenziali nutrienti per le alghe: ferro e fosfati in testa.
Il filtro sotto sabbia
Il filtro sotto sabbia appartiene, per noi acquariofili italiani, al passato remoto dell'acquariofilia, anche se in alcuni paesi, come gli USA, ad esempio, è ancora molto in voga. Per quello che posso dire a riguardo, consigliare un simile sistema di filtrazione mi pare un po' anacronistico, ma non posso neppure dire che si tratti di un sistema del tutto da buttare.
Per una vasca di piante, diciamolo chiaramente, c'è di meglio; solo alcuni tipi di piante possono svilupparsi bene con questo filtro senza risentirne (ad esempio, le Cryptocoryne crescono molto bene). Questo filtro ha un potere ossidante molto accentuato, dato che occupa un volume non indifferente e ha un continuo apporto di ossigeno derivante dall'acqua ossigenata dalle piante e aerata dall'aeratore a pietra porosa. Inoltre, il movimento dell'acqua dall'alto verso il basso porta a "bloccare" nel fondo piuttosto rapidamente quei nutrienti che, spesso, si vorrebbero tenere in acqua quel tanto che basti perché le foglie delle piante possano assorbirli (ad esempio, il ferro chelato). Ecco perché saranno le piante che si nutrono principalmente dalle radici a giovare di questo sistema.
Anche la sua manutenzione non è proprio "semplice"; se non viene ben pulito, aspirando durante i cambi d'acqua tutte le impurità che tendono ad accumularsi in esso, si intasa con facilità, rendendo del tutto insufficiente il suo lavoro. Chiaramente un simile sistema filtrante non può essere utilizzato su vasche con una superficie di fondo troppo ampia. Direi che fino a 100 litri possiamo starci; oltre, diventa difficile da gestire sui lunghi periodi.
Di buono c'è che si tratta di un sistema che si può rivelare utile in alcune occasioni, come nel caso di allestire vaschette adatte ad ospitare piccoli pesci o avannotti che, con un classico biologico, rischierebbero di essere aspirati dal filtro. Qualche allevatore professionista lo sconsiglia, tuttavia, nelle fasi iniziali in quanto potrebbe ridurre la presenza di piccoli organismi (come, ad esempio, gli infusori) in acqua. Ciò non toglie che io l'abbia usato per accrescere avannotti di Tanichthys con un discreto successo.
Per allestire questo tipo di fondo, tuttavia, è necessario utilizzare ghiaia di grosse dimensioni (almeno da mezzo centimetro) per ridurre i rischi di intasamento e compattamento del fondo.
Alla luce di quanto scritto, posso tranquillamente suggerire che una vasca, piccola, ovviamente, può essere allestita con questo tipo di filtro se non si abbiano particolari esigenze come coltivazione di piante e si abbia necessità di disporre di una vasca di accrescimento per avannotti, troppo piccoli per un filtro biologico classico.
L'acqua
Una cosa che mi sono sempre chiesto è perché si dia molta importanza al fondo, ai vetri, alla luce, ai fertilizzanti, ai cavetti, agli aeratori, al mobile di sostegno ecc. e quasi mai si dedichi all'acqua un minimo di attenzione. Eppure, piante e pesci trascorrono il 100% della loro vita immersi in questo liquido, strano, particolare e, per certi versi, ancora oggi sconosciuto anche per gli "addetti ai lavori".
Per questo motivo, ho pensato di dedicare qualche riga anche a questa parte dell'acquario, sicuramente la più importante e bistrattata tra tutte.
Ovviamente, quello che dirò è relativo all'acquario dedicato alle piante; per una vasca di pesci, le cose potrebbero essere un po' diverse e si dovrà valutare di volta in volta.
Che acqua usare
Sembra scontato, ma non lo è per nulla.
Quando ci capita di pensare all'acqua, ci preoccupiamo di prepararla in modo che i nostri pesci non soffrano e si sentano a loro agio; e le piante? Perché non pensiamo anche a loro? Forse che per le piante l'acqua abbia meno importanza che per i pesci? Certo, una pianta che soffre lo fa in modo meno evidente di un pesce (in genere, una pianta non boccheggia, non va a fondo o non si gira sulla pancia), ma il tipo di acqua può influenzare in maniera molto significativa la vita e la crescita di una pianta. Una pianta sistemata in un'acqua troppo diversa da quella di origine può crescere comunque, ma potrebbe non arrivare mai a fiorire, ad esempio, o non potrà mai raggiungere le dimensioni o i colori che assume in natura. Ovviamente, come nel caso dei pesci, non è il caso di assatanarsi eccessivamente nella ricerca dei valori fisico-chimici migliori per le nostre piante; ogni pianta si adatta all'ambiente in cui è costretta a vivere e creare le condizioni più "vicine possibile" (non ho scritto identiche) a quelle naturali non potrà che far bene alla pianta stessa, che ci ricompenserà sicuramente con una crescita rigogliosa e, in molti, casi, con una fioritura appagante.
Quindi, come regola di base, cerchiamo di scegliere piante che sino compatibili, tra loro, come condizioni di acqua (tenera, acida ecc.).
La temperatura
In generale, le piante acquatiche preferiscono una temperatura dell'acqua bassa piuttosto che una alta. In problema è stabilire cosa si intenda per "bassa" o "alta"; diciamo che la quasi totalità delle piante per acquari vive bene a temperature variabili, nell'arco dell'anno, tra i 20 e i 26-27°C, sopportando punte di 30-33°C durante i mesi estivi (quindi, per non più di uno o due mesi all'anno). Certo, casi al di fuori da questi citati possono presentarsi e avere comunque belle piante anche a 15 o a 35°C costanti può capitare, ma non è detto che le piante siano soddisfatte di ciò.
Quello che è importante sapere, comunque, è che a una più alta temperatura corrisponde un metabolismo più veloce; questo significa che le piante consumeranno di più e lavoreranno più velocemente. Attenzione, quindi, a non finire in carenza di nutrienti; un blocco nella crescita in condizioni così spinte provoca un danno maggiore alla pianta che a temperature più basse. In pratica, poiché una pianta si crea sempre scorte di nutrienti, a metabolismo accelerato le scorte sono consumate più rapidamente e i danni sono maggiori e più difficilmente riparabili.
Il pH
Anche se è pur vero che i meccanismi di assorbimento dei nutrienti, da parte di una pianta acquatica, sono influenzati in maniera anche importante dal pH dell'acqua, nelle normali condizioni di conduzione di una vasca una pianta non risentirà in maniera significativa delle variazioni di pH o di un pH diverso da quello suo naturale.
Ad ogni modo, un pH intorno a 7 è un valore più che accettabile per tutte le specie vegetali, anche se per molte piante io consiglio di stare tra 6 e 7 (anche valori inferiori a 6 vanno benissimo, sempre che siano compatibili coi gli animali presenti in vasca).
La durezza
E', questo, forse il parametro più importante tra tutti i possibili. Come ben sappiamo, in acquariofilia i parametri di durezza più usati sono il GH e il KH. Vediamo di analizzarli uno alla volta e di capire che impatto abbiano sulla vita delle piante.
Il GH
Il GH, come tutti sanno, è un dato che esprime la quantità di cationi bivalenti in acqua (per come viene normalmente misurato in acquariofilia). Poiché i cationi bivalenti (cioè aventi due cariche elettriche positive) in acqua sono, in netta prevalenza, calcio e magnesio, ci limiteremo a considerare solo questi due.
Per il normale ciclo vitale di una pianta, calcio e magnesio sono due macronutrienti (si tratta, cioè, di sostanze che la pianta deve poter reperire in quantità elevata, misurabile in grammi). In particolare, il calcio è un regolatore dei delicati processi che implicano l'attraversamento delle membrane cellulari, mentre il magnesio è il metallo contenuto nelle molecole della clorofilla. In qualunque acqua potabile, la presenza di questi ioni è garantita, ma se l'acqua dell'acquario viene preparata a partire da acqua da osmosi inversa, le cose diventano più complesse; per l'indurimento dell'acqua (l'acqua da osmosi inversa non dovrebbe essere MAI usata tale e quale, tranne rare eccezioni, in un acquario, ma deve essere sempre indurita o con altra acqua di rubinetto o con appositi sali, come descritto nelle pagine sulla Chimica) si possono scegliere svariate soluzioni, ma dobbiamo essere sicuri che la presenza di questi due ioni sia sempre garantita. Inoltre, la presenza del magnesio deve essere sempre e accuratamente monitorata, in quanto si tratta di un elemento che viene assimilato molto rapidamente dalle piante ed è richiesto in grosse quantità.
Un buon rapporto tra calcio e magnesio dovrebbe aggirarsi intorno alle 3-4 parti di calcio per parte di magnesio, mentre il GH può variare nell'intervallo compreso tra i 4-5 gradi tedeschi e i 10. Valori superiori o inferiori li sconsiglio a chi volesse dedicare la vasca alle piante.
Il KH
Anche questo parametro è ben conosciuto dagli acquariofili. La sua importanza nel campo delle piante è piuttosto importante in quanto da esso dipende la "fornitura" di CO2, sorgente del C necessario alle piante per la corretta fotosintesi. La relazione che lega la CO2 al pH e al KH è ormai nota a tutti (la trovate anche su questo sito), ma quello che non è del tutto risaputo è che la quasi totalità delle piante da acqua dura è in grado di recuperare la CO2 che serve loro dai bicarbonati (se non ci fosse disponibilità di CO2 gassosa libera). Quindi, restando alle piante più diffuse in acquariofilia, la maggior parte di esse può recuperare carbonio dai bicarbonati, anche a un costo energetico superiore, e non richiede necessariamente la diffusione di anidride carbonica in acqua. In questi casi, però, è indispensabile fare molta attenzione alle possibili variazioni di KH; infatti, senza somministrazione di CO2, i bicarbonati presenti in acqua vengono consumati non solo dalle piante ma, com'è noto, anche dal metabolismo del filtro. Un crollo del KH a zero comporta, di conseguenza, una variazione del pH rapida e pericolosa, verso valori incompatibili con la sopravvivenza delle specie acquatiche, siano esse vegetali o animali. Come influire sul KH (e, quindi, come regolarlo) lo potrete scoprire visitando la sezione sulla chimica dell'acqua in questo sito.
Nonostante quello che comunemente si dice, un valore di KH vicino a zero (ma DIVERSO da zero) non significa affatto instabilità nel valore di pH (sempre che la vasca abbia un'adeguata vegetazione e che sia rifornita di CO2 in maniera sufficiente); per cui, per una vasca di piante, io consiglio un KH che spazi tra 2 e 5 gradi tedeschi. Oltre i 5°dGH ci possono essere problemi nel controllare il dosaggio di CO2 e potrebbe essere difficile tenere il pH sufficientemente basso.
Il potassio
Questo è un macronutriente spesso, anzi, quasi sempre, trascurato in acquariofilia. Il problema maggiore è legato al fatto che, in genere, questo ione è scarsamente presente nelle acque potabili e viene rapidamente consumato dalle piante che, in tal modo, finiscono spesso in carenza.
Come il calcio, è sopratutto legato ai meccanismi di membrana e sostituisce a tutti gli effetti il sodio, un nutriente non indispensabile per le piante (proprio perché può essere in ogni caso sostituito dal K, anche se non è vero il contrario).
Quindi, dato che il suo valore non è misurabile coi comuni kit per acquariofilia, è sempre bene accertarsi di immetterlo in acqua o grazie all'uso di appositi sali o mediante aggiunte frequenti di fertilizzanti che lo contengano dichiaratamente.
Lo zolfo
Questo elemento è molto importante per le piante, ma non ha praticamente alcun interesse in quanto sempre abbondante e disponibile in acqua potabile. Anche i normali fertilizzanti contengono, in genere, sali dello ione solfato.
I fosfati
Il fosforo è un elemento importantissimo per le piante, essendo la base di tutti gli acidi nucleici e fonte di energia chimica per le cellule. Purtroppo, anche se a sproposito, viene spesso associato alla presenza di alghe e, quindi, mantenuto a livelli troppo bassi per la normale attività biologica delle piante. Certo, non sto dicendo che si debbano tenere 5 mg/L di fosfato in acqua, ma è anche vero che in vasche con 0.2-0.5 mg/L di fosfato non sempre si vedono alghe. Tralasciando questi eccessi, direi che in media è bene tenere in acqua una concentrazione di fosfato che si aggiri tra gli 0.01 e gli 0.05 mg/L di fosfato inorganico.
Attenzione, però: questo ione è spesso presente in forma INVISIBILE ai normali kit per acquariofilia (come polifosfato o come fosfato organico), ma ben disponibile per le alghe che possiedono enzimi adatti a rompere i legami chimici che bloccano il fosforo in queste molecole. Quindi, fate sempre attenzione a non eccedere col cibo e pulite sempre il fondo dagli avanzi e dai detriti.
Un ultimo dettaglio: spesso si vede esprimere il fosfato come PO43-; in realtà, la sua forma chimica dipende strettamente dal pH dell'acqua. In particolare, avremo:
Specie chimica | pH | pH al 50% |
H3PO4 | 1-4 | 2.0 |
H2PO4- | 2-7 | 2.5 |
HPO4-- | 7-12 | 7.5 |
PO4--- | 12-14 | 12.5 |
In pratica, nelle normali condizioni di un acquario di acqua dolce, la specie prevalente sarà il fosfato monoacido (HPO4--).
Altre informazioni sulla chimica del fosforo in acqua le potrete trovare in questa pagina.
I nitrati
Anche i nitrati seguono la stessa sorte del fosforo. Spesso accusati di essere la causa prima della comparsa delle alghe, in realtà svolgono un importante ruolo nella biochimica dei vegetali. Essi costituiscono la fonte primaria di azoto, usato dalle piante per produrre amminoacidi e proteine. Come per il fosforo, non sempre a un'alta concentrazione di nitrati deve corrispondere un'invasione di alghe (io ho avuto per oltre un mese una vasca con nitrati oltre 500 mg/L e non ho mai avuto un'alga nemmeno a cercarla col microscopio); le alghe arrivano SEMPRE per una concomitanza di cause, mai solo per una.
Dato che i nitrati sono indispensabili alle piante, è sempre bene mantenere la loro concentrazione tra i 3 e i 5 mg/L, anche se valori fino a 10 mg/L sono tollerati senza problemi.
Una nota: le piante preferiscono, come nutriente, l'ammonio, che viene assorbito molto più rapidamente, in quanto, una volta assorbito il nitrato, per poter usare l'azoto che esso contiene, se lo devono ridurre ad ammonio, con un notevole dispendio di energia (è stato dimostrato che una pianta che possa assumere ammonio al posto del nitrato è in grado di fotosintetizzare il 30% più velocemente). Ecco perché io preferisco sempre avere filtri poco efficienti dal punto di vista biologico; meglio lasciare che siano le piante a usare l'ammonio prodotto dai pesci prima che il filtro lo ossidi a nitrato, costringendo le piante a un lavoro inutile e dispendioso.
Infine, non dimentichiamo che lo ione nitrato è quasi sempre presente in ogni acqua potabile, fino a 50 mg/L (limite di legge), e che è uno ione che gli impianti di purificazione per osmosi inversa difficilmente riescono ad eliminarne più dell'80-90% (questo significa che un impianto a osmosi inversa, partendo da un'acqua con 50 mg/L di nitrato potrà produrre un'acqua con un contenuto di nitrati difficilmente inferiore a 5-10 mg/L). Altre informazioni sono disponibili a questa pagina.
Il ferro
Il ferro è un micronutriente (o, meglio, mesonutriente, in quanto necessario a livello di milligrammi) importantissimo per le piante; la sua importanza è legata alla sua chimica particolare che lo porta ad essere instabile in acqua a tempi molto lunghi. E', quindi, necessario rifornire periodicamente le piante di questo elemento con appositi fertilizzanti. Data la sua estrema importanza anche per le alghe, io suggerisco di non superare mai una concentrazione di 0.05 mg/L.
Una nota: i kit per acquariofilia non sempre sono in grado di misurare TUTTO il ferro presente; anzi, in genere (tranne un paio di eccezioni), questi kit misurano solo il ferro bivalente e NON chelato.
Gli altri nutrienti
Al contrario del ferro, tutti gli altri micronutrienti importanti per le piante (Cu, Zn, Mn, B, Mo, Cl) sono abbastanza facili da trovare in acqua e le quantità necessarie sono così ridotte da renderne quasi inutile ogni ulteriore somministrazione, al di fuori di quelle che derivano automaticamente dai cambi d'acqua previsti da una normale manutenzione e dalla degradazione del cibo somministrato ai pesci.
La CO2
L'anidride carbonica, come molti sanno, è un nutriente importantissimo per le piante. Le piante acquatiche, purtroppo, vengono a trovarsi, per loro natura, in un ambiente che è sempre povero di questo importante composto. Grazie ai progressi della tecnica, oggi, è possibile aiutare le nostre piante acquatiche somministrando loro questo gas in diverse modi.
Prima, però, di esaminare questi differenti impianti, vorrei spendere due parole sull'effettiva utilità di questa somministrazione. Diciamo che l'uso di anidride carbonica in acquario è richiesto solo se la vasca ne presenta le caratteristiche (presenza di pesci che necessitano di pH particolarmente acidi, ricca dotazione di piante, stabilizzazione dei valori...). Quindi, non tutte le vasche richiedono un impianto di CO2; tanto per chiarire, la somministrazione di CO2 è uno dei pochi sistemi naturali per mantenere basso (minore di 7) il valore del pH, che non interferiscano pesantemente col biotopo acquario. E' anche da rilevare che l'uso contemporaneo di torba rende la somministrazione e il controllo della CO2 sciolta in acqua estremamente impreciso e difficoltoso, oltre al fatto che la dissoluzione di acidi umici in acqua ostacola la corretta diffusione della luce e sfavorisce le piante.
Pertanto, se la vasca non è particolarmente ricca di piante, o non ha piante molto esigenti e veloci nella crescita, l'impianto di CO2 può anche essere del tutto tralasciato.
Il sistema a lievito
Il sistema a lievito e zucchero è, forse, il sistema più diffuso grazie alla sua facilità di preparazione e economicità. Purtroppo, però, questo sistema è anche scarsamente controllabile, riproducibile e durevole. In poche parole, io consiglio di usare il sistema a lievito Fai da Te solo in vasche di litraggio compreso tra i 60 e i 110 litri (per volumi inferiori è facile che si ottenga un sovradosaggio, mentre per vasche più grandi potrebbe non essere sufficiente). La sua durata, inoltre, varia dai 10 ai 30 giorni. Come preparare un sistema a lievito è abbastanza semplice e in rete si trovano diversi siti che ne illustrano la costruzione; quello che voglio solo aggiungere è che non è importante la quantità di lievito o di zucchero che userete, in quanto il lievito viene inibito dai propri prodotti di scarto, indipendentemente dal fatto che sia tanto o poco. Un buon metodo per allungare la durata di questo sistema è di aggiungere, al momento della sua preparazione, un cucchiaio da caffè di bicarbonato di sodio, che tamponi l'acidità che si forma, oppure usare acqua di rubinetto che abbia un KH almeno superiore a 10. Il lievito, inoltre, può essere sia fresco che secco (fare attenzione, però, che non sia il cosiddetto "lievito chimico"; questo altro non è che comune bicarbonato di sodio che non ha alcun potere fermentante sullo zucchero e non è in grado di produrre anidride carbonica). Si può usare sia il lievito in cubetti (ne basta metà cubetto, circa 2.5 grammi) che quello secco (io usavo il lievito Bertolini per pizze; fate attenzione perché sulla confezione è chiaramente indicato "Saccharomyces cerevisiae", il nome scientifico del lievito da usare). Non usate acqua troppo calda per avviare il sistema perché denatura il lievito irrimediabilmente. Va bene acqua tiepida, ma non calda. Il sistema deve avviarsi tra le due e le dieci ore da quando si prepara il "brodo". Se dopo questo periodo non si osserva alcuno sviluppo di gas, è molto probabile che si sia verificato uno di questi due inconvenienti: il lievito è morto (acqua troppo calda) o ci sono perdite nel sistema. In base alla mia esperienza, nove volte su dieci si tratta di questa seconda situazione.
Oggi, però, sono presenti sul mercato almeno tre sistemi a lievito che hanno un prezzo decisamente abbordabile e che, tutto sommato, consiglio a tutti coloro che volessero cimentarsi in questa impresa di acquistare; avrete meno problemi e potrete rendervi conto che la diffusione in acqua di questo gas è davvero utile per il vostro acquario. Una volta stabilito questo, il passo verso il sistema più duraturo del gas in bombola sarà immediato.
Un consiglio: se avete dei dubbi, meglio un impianto di diffusione di CO2 che non un cavetto sotto sabbia (tranne rare eccezioni).
Il sistema in bombola
Il metodo di diffusione di anidride carbonica basato sulle bombole di gas liquido è, oggi, molto diffuso. Il mercato offre sistemi "chiavi in mano" a prezzi davvero interessanti e, se la richiesta non è alta, i sistemi a bombola non ricaricabile sono indubbiamente i più vantaggiosi. Una bombola da 500 grammi, in una vasca da 100 L riccamente piantata, può durare almeno un mese se dotata di un diffusore efficiente.
Se le vasche sono più grandi, vale la pena prendere in esame la possibilità di usare una bombola ricaricabile. Anche in questo caso la scelta sul mercato è molto vasta; inoltre, non dimentichiamo che è possibile costruirsi un impianto Fai da Te con manometri e bombole vecchie di estintori a CO2 (ATTENZIONE!!! In questo caso accertatevi di usare un estintore VERAMENTE PROGETTATO per la CO2, per non incorrere in gravi rischi di esplosione). Queste bombole possono anche essere reperite presso i centri che riforniscono i bar e i ristoranti, in quanto la CO2 usata nelle nostre bombole è la stessa che si usa per spillare la birra.
Una nota: in queste bombole la CO2 è conservata liquida e, pertanto, la bombola deve essere SEMPRE utilizzata in posizione verticale, con l'uscita in alto; se la bombola dovesse sdraiarsi, c'è il rischio che la CO2 esca allo stato liquido e a bassa temperatura, danneggiando irreparabilmente il sistema di riduzione di pressione e grave pericolo per pesci e voi stessi.
Ah...dimenticavo... in queste bombole la pressione della CO2 è sempre costante fino a quando la bombola non si svuota completamente, perché essa si trova sempre in equilibrio come gas su una fase liquida; in genere, il valore della pressione del gas sovrastante è di 50-60 bar, ma dipende molto dalla temperatura. Per questo, accertatevi che sul riduttore sia presente una valvola di sicurezza che scarichi la CO2 in caso di eccessive pressioni (credetemi sulla parola; una bombola che esplode NON E' una cosa divertente). Per cui, secondo me, la presenza di un manometro è del tutto inutile; risparmiatevi la spesa.
Questo tipo di sistemi può essere accoppiato a un'elettrovalvola che, eventualmente comandata da un pHmetro, somministri CO2 solo quando vi sia una effettiva necessità, segnalata da un improvviso innalzamento del pH. Lo ritengo un gadget utile, ma per nulla indispensabile.
Il sistema elettrolitico
Questo sistema, presentato sul mercato qualche anno fa, si basa sull'ossidazione elettrolitica del carbone in acqua. In pratica, due elettrodi vengono immersi in acquario e tra essi viene stabilita una differenza di potenziale. Per quello che so, questo sistema ha l'inconveniente di essere poco pratico poiché in presenza di acqua dura uno degli elettrodi di incrosta rapidamente di calcare e, in alcuni casi, può esplodere (non si tratta di una vera e propria esplosione con energica liberazione di gas; sostanzialmente, l'elettrodo si apre "a banana"). Questo, ovviamente, comporta la sostituzione del pezzo, il cui costo non è proprio basso. Il vantaggio di questo accessorio è che può essere comandato da un timer e il suo funzionamento, quindi, regolato a piacere.
Un'ultima nota; la mia idea è che l'acqua dell'acquario è un sistema troppo delicato e complesso per poter far passare della corrente a cuor leggero; le modificazioni chimiche che si possono innescare per ossidoriduzione e elettrolisi potrebbero dare prodotti non controllabili e, magari, tossici, senza contare che a uno dei poli si sviluppa, come conseguenza, idrogeno, un gas altamente infiammabile.
Il sistema chimico
E', questo, il vecchio sistema usato dagli acquariofili di più lungo corso quando ancora il mercato non era così ben dotato di attrezzatura. In pratica, consiste nel produrre CO2 spostandola da un suo sale (in genere, un bicarbonato, come il bicarbonato di sodio, o un carbonato, come il marmo) usando un acido. L'inconveniente di questo sistema è che lo sviluppo di CO2 è molto violento, immediato e di brevissima durata. Per cui è richiesta la continua presenza di un operatore che faccia l'aggiunta o che controlli che il sistema non vada in pressione (nel caso di usi un gocciolamento in continuo, ottenuto con apparecchi come i gocciolatori usati per le flebo). In pratica, con questo metodo si possono ottenere picchi di CO2, con conseguenti e brusche variazioni di pH, che del tutto benefiche non sono, né per i pesci né per le piante.
Su un sito americano è in vendita un sistema chiamato, se non erro, Carbonator; il costo non è proprio modesto, ma il funzionamento è interessante.
Altri sistemi
Sicuramente a qualcuno sarà venuto in mente qualche altro metodo, per somministrare questo gas in acquario, a cui io non ho accennato. Ad esempio, capita spesso di sentir chiedere se l'acqua minerale gasata possa essere utilizzata per questo. A parte il costo, il metodo non è applicabile per gli stessi motivi visti per il sistema chimico.
Un altro sistema prevede l'uso di compresse che si sciolgono liberando CO2; il metodo, oltre che essere costoso e di scarsissima efficacia ha l'inconveniente di liberare anche altri agenti inquinanti, usati come leganti per la produzione della compressa. In pratica serve a poco, costa caro e dà fastidio.
Quindi, se vi venisse qualche altra idea, scrivetemi e accennatemene; vedremo di trattarla qui per l'interesse di tutti.
La temperatura dell'acqua
Come altri parametri, anche la temperatura dell'acqua di un acquario viene, generalmente, trascurata; o, meglio, non viene quasi mai presa nella giusta considerazione. Il fatto che la maggioranza dei pesci e delle piante che teniamo nelle nostre vasche provenga da zone tropicali ci porta a supporre che questi vivano la totalità del loro tempo a temperature "torride e tropicali" e, quindi, è sufficiente mettere i termostati a 26-28°C e tutti sono felici e contenti. Così non è; i fiumi tropicali, com'è noto, sono spesso sottoposti a piene e secche e le piante in essi contenute vivono differenti condizioni climatiche nell'arco dei dodici mesi annuali. Nelle nostre vasche, invece, le piene e le secche non si realizzano mai (per la precisione, le nostre vasche sono sempre nella situazione di piena). Quindi, per i nostri ospiti mancano le variabilità e i cicli stagionali tanto importanti in natura.
La conseguenza più importante per le piante è il fatto che, al contrario di quanto spesso avviene in natura, esse non finiscono mai all'asciutto; da ciò deriva che, in assenza di vasche aperte (in cui esse possono crescere fino a uscire dall'acqua e mimare, in un certo qual modo, la stagione secca), è molto difficile vedere fiorire le nostre piante (tolte le debite eccezioni costituite da quelle piante che fioriscono sott'acqua, come le Anubias e le Cryptocoryne) e non è facile accorgersi che alcune piante hanno foglie differenti a seconda che crescano emerse o sommerse (il più tipico esempio è dato dall'Hygrophila difformis).
Ma cosa c'entra tutto questo con la temperatura della nostra vasca? E' presto detto; come noi trascuriamo il problema dei cicli dei corsi d'acqua, trascuriamo anche il fatto che la temperatura di fiumi e laghi, in natura, non è mai costante lungo tutto l'arco dell'anno. In pratica, vi possono essere escursioni termiche anche di notevole entità tra i vari periodi dell'anno (e questo potrebbe essere uno dei fattori che innescano i meccanismi biologici delle piante, che le portano a crescere di più in certi periodi dell'anno o a fiorire in determinate stagioni), senza trascurare il fatto che molte piante vivono addirittura in zone di alta corrente (anche sotto cascate o rapide) dove la temperatura dell'acqua è piuttosto bassa. Inoltre, la stragrande maggioranza delle piante vive al di sopra di un limite, detto profondità di compensazione, al di sotto del quale nessuna pianta può vivere per un tempo prolungato, dato che consumerebbe più di quanto potrebbe produrre con la fotosintesi. Questa profondità, tranne che per rarissime eccezioni, è di circa otto metri. Potete ben capire che a questi livelli le variazioni di temperatura sono piuttosto frequenti anche nell'arco della stessa giornata.
Ovviamente, pretendere che ci si metta a regolare la temperatura dell'acqua delle nostre vasche in funzione del periodo dell'anno mi sembra un po' troppo...
Quello che vorrei evidenziare, però, è che alle piante è più gradita una temperatura bassa piuttosto che una temperatura alta; e questo perché le piante regolano il proprio metabolismo in funzione dell'ambiente in cui si trovano e più la temperatura sale, più essere accelerano i loro processi, richiedendo una maggior somministrazione di nutrienti e di luce.
Cosa si intende con "alta" o "bassa" temperatura? Non è possibile dirlo a priori; è importante sapere che ogni pianta ha degli intervalli di temperatura in cui la sua crescita è ottimale ed è necessario informarsi sulle loro esigenze e, eventualmente, scegliere quelle che più si adatteranno al grado di calore della nostra acqua.
Il mio consiglio è di tenere una temperatura che sia compresa tra i 22 e i 24-25°C, non oltre, se non per brevi periodi (alle nostre latitudini è abbastanza difficile che nei mesi estivi si possa tenere l'acqua a valori così bassi senza usare dei refrigeranti o dei sistemi di condizionamento dell'ambiente).
Per temperature ai valori indicati, sarà utile mantenere una fertilizzazione tranquilla e senza eccessi, mentre sarà meglio aumentarla leggermente in caso di incrementi della temperatura, facendo attenzione a non esagerare comunque perché le alte temperature stressano le piante e favoriscono l'insorgere delle alghe, sopratutto i famigerati cianobatteri.
Come nutrire i pesci
Forse sembra strano vedere una pagina come questa sul mio sito, che di pagine dedicate ai pesci ne ha proprio poche, ma, in realtà, la cosa è molto più correlata alle piante di quanto non si possa pensare. Infatti, molti, se non la quasi totalità, degli inquinanti in acquario (trasformati dal filtro in nutrienti per le piante, nitrati e fosfati in testa) arrivano proprio dal cibo che si somministra ai pesci, e sempre da esso derivano, spesso, molti dei problemi che affliggono gli acquariofili, primo tra tutti il problema delle alghe. Ecco perché questo è un punto molto importante e a cui vorrei dedicare un po' di attenzione.
Quantità
Una parte importante di questo argomento è dedicata alla quantità di cibo da dare ai nostri pesci; è impossibile definire una regola per stabilire quanto cibo dare e ogni quanto tempo. Teniamo presente, però, che la maggioranza dei pesci è in grado di ingurgitare, senza sosta, enormi quantità di cibo, salvo poi scoppiare per occlusioni intestinali varie.
:-))
Inoltre, c'è da considerare che, oggi, un pesce rischia di morire, in acquario, per molte cause, ma raramente per carenza di cibo. Infatti, in ogni vasca ben avviata, si vengono a formare grosse quantità di microrganismi, che noi non vediamo senza l'ausilio di un microscopio, ma che per i pesci costituiscono una fonte inesauribile di cibo vivo. Quindi, non facciamoci intenerire dai nostri amici; diamo loro poco cibo (se proprio si vuole un parametro, io direi di dare la quantità che venga consumata in non più di trenta secondi; i 2-3-5 minuti di cui si sente spesso favoleggiare sono, a mio avviso, eccessivi). Poco cibo significa poco inquinamento e pochi problemi. Queste ultime due voci (inquinamenti e problemi) sono, spesso, direttamente proporzionali alla quantità di cibo somministrata, soprattutto se abbinata a una scarsa manutenzione della vasca (leggi cambi d'acqua).
Qualità
La qualità del cibo per i pesci deve essere, ovviamente, la migliore possibile poiché solo i mangimi di qualità possono assicurare un alto tasso di nutrienti per i pesci e un basso inquinamento dell'acqua. Se possibile, fate attenzione al contenuto di fosfati dichiarato dai produttori (quando lo trovate); minore il contenuto di fosforo, minore sarà l'inquinamento dell'acqua.
Il cibo in granuli è da preferire, secondo me, perché più stabile delle scaglie e permette di essere consumato anche dai pesci più lenti; da evitare, se possibile (o da limitare al massimo) l'uso del surgelato o del vivo, in quanto fonte di altissimo inquinamento (difficile tenere una vasca pulita dalle alghe se si usa somministrare spesso del surgelato ai pesci).
E' anche molto importante cercare di equilibrare la dieta, fornendo la componente vegetale che tutti i pesci, chi più e chi meno, richiedono. Carenze di fibre possono spingere i pesci ad attaccare le vostre piante.
Quando
I pesci dovrebbero mangiare spesso, ma poco.
Ovviamente, non tutti noi abbiamo la possibilità di rifornire frequentemente di cibo i nostri amici, per cui dobbiamo operare una scelta. In questi casi, meglio somministrare il cibo al mattino, in modo che i pesci diurni abbiano il tempo di consumarlo senza farlo decomporre sul fondo. Somministrate cibo anche di sera solo se avete pesci di abitudini notturne, come Ancistrus, Botia o Corydoras. Soprattutto, cercate di fornire cibo adatto a questi pesci che, vi ricordo, NON SI NUTRONO DI RIFIUTI o di scarti, ma consumano cibo esattamente come tutti gli altri, anche se in una zona diversa della colonna d'acqua.
Le assenze: le mangiatoie automatiche e i pastiglioni
E' questa la fase più delicata per un acquariofilo: partire e non sapere come nutrire i propri pesci. Quando, poco più sopra, ho affermato che un pesce è più facile che muoia per colpa del cibo in eccesso piuttosto che di una sua mancanza, mi riferivo anche a queste situazioni. Quando ci assentiamo ci viene spesso l'idea di somministrare ai nostri pesci quei preparati a lunga durata o di usare le mangiatoie automatiche. In verità, esiste anche una terza soluzione di cui parlerò dopo.
Prima di trattare questi argomenti, premetto che un pesce è in grado di sopravvivere senza cibo esterno per diversi giorni; i miei pesci, ad esempio, restano per oltre un mese senza che nessuno dia loro alcunché, in agosto, e non hanno mai manifestato segni di sofferenza. E' anche vero che in una vasca molto ricca di piante le formazioni algali che si creano, e le colonie di microrganismi che in esse si instaurano, possono tranquillamente fornire ai nostri pesci tutto il nutrimento di cui essi hanno bisogno. Per cui, anche se la nostra vasca è di recente installazione, stiamo tranquilli che per una o due settimane potremo lasciare a loro stessi i nostri pesci, sicuri di ritrovarli ancora tutti vivi e vegeti al nostro ritorno.
Premesso questo, passiamo a trattare i due sistemi sopra esposti; il primo è assolutamente da sconsigliare. I pastiglioni per il week end non sono altro che blocchi di materia che i pesci, in genere, non mangiano e che finiscono per inquinare l'acqua e basta. Come detto, due giorni di digiuno non possono uccidere un pesce neppure se malato. Quindi, partiamo pure senza problemi per il nostro week end senza mettere nulla in vasca. I nostri amici ci ringrazieranno di certo.
Le mangiatoie automatiche, invece, possono costituire un valido aiuto solo se ben calibrate e ben usate. Innanzitutto, si devono evitare assolutamente le scaglie; l'umidità dell'acquario, entrando nella camera, le farà o marcire o produrrà una fanghiglia che, nella migliore delle ipotesi non uscirà più dalla mangiatoia, rendendola del tutto inutile o, nell'ipotesi peggiore, impasterà insieme tutto il cibo, facendolo cadere tutto in un colpo in acqua, producendo un inquinamento spaventoso e pericoloso. Per cui, assicuratevi di mettere nella camera solo granulato di ottima qualità.
Soprattutto, quando regolate i dosaggi, ricordate che la mangiatoia deve servire per far SOPRAVVIVERE i pesci alla vostra assenza; non esagerate coi dosaggi, è del tutto inutile e pericoloso.
Il terzo punto di cui volevo parlare è la pessima abitudine di affidare a terzi (in genere, i parenti stretti) la responsabilità di nutrire i pesci; una persona che non abbia mai avuto un acquario non sa come nutrire i pesci. Io so di persone che in una settimana hanno esaurito barattoli da 100 grammi di cibo, provocando morti abbondanti tra la popolazione delle vasche. Come detto, se proprio non ve la sentite, ricorrete alle mangiatoie automatiche, ma NON affidate ad altri la gestione del vostro acquario.
Conclusione
Per chiudere, riassumo i punti importanti, dal mio punto di vista, per un acquario di piante e pesci.
Nutrite poco e con parsimonia i vostri pesci; conterrete l'inquinamento dell'acqua e li spingerete a consumare ciò che trovano in vasca (un buon modo per tenere sotto controllo le alghe).
Non esagerate con le somministrazioni e date il cibo al mattino, in modo che abbiano tutto il tempo di consumarlo.
Se vi assentate per qualche giorno (fino a due settimane), non avete alcun bisogno di utilizzare mezzi artificiali per nutrire i vostri pesci; troveranno da soli ciò che servirà loro in giro per la vasca.
Se decidete di usare una mangiatoia, usate solo granuli di alta qualità e non esagerate coi dosaggi. Non mettete nella camera troppo cibo che, cadendo in acqua, potrebbe produrre un eccessivo inquinamento. Fate delle prove nei giorni precedenti la vostra partenza, in modo da vedere come funziona la mangiatoia; se è dotata di batterie, ricordate di mettere SEMPRE delle batterie nuove prima di partire, perché se delle batterie si devono esaurire, potete stare sicuri che, di tutti i 365 giorni che hanno a disposizione, sceglieranno proprio i 10 della vostra assenza per farlo.
Infine, non incaricate nessuno, che non sia un acquariofilo di cui abbiate completa fiducia, di nutrire i vostri pesci.
Il fotoperiodo
Il fotoperiodo, in soldoni, è quella frazione del giorno durante la quale le piante "catturano" la luce del sole e la sfruttano per la fotosintesi.
Come tutto quello che riguarda le piante, e che abbiamo ormai imparato, anche per questo argomento resta molto difficile poter generalizzare, in quanto ogni pianta ha un fotoperiodo suo proprio che, spesso, può cambiare anche durante il corso dell'anno.
In linea di massima, una durata dell'illuminazione di circa 8-10 ore accontenta un po' tutte le piante. Per i più esigenti, però, vediamo di andare un po' più a fondo dell'argomento.
Innanzitutto, è importante focalizzare un punto: per quante lampade noi potremo mettere sopra un acquario, non riusciremo MAI a mimare la luce del sole, sia come intensità che come qualità. Quindi, è sensato cercare di arrivare a imitarne, quanto più possibile, le caratteristiche?
Io non credo.
Io penso che sia più giusto prendere atto dei nostri limiti e cercare di dare alle piante il meglio che possiamo, senza eccedere.
Per questo motivo è assolutamente sbagliato tentare di sopperire a una carenza di illuminazione con una maggior durata. L'equazione "Ho poca potenza quindi tengo le luci accese più a lungo" non ha soluzione.
Ogni pianta, infatti, come ho detto, ha un suo fotoperiodo che non può essere cambiato "a comando" e a nostro piacimento; dopo un certo numero di ore di lavoro, una pianta, anche se illuminata a oltranza, smette semplicemente di fotosintetizzare e passa alla fase respiratoria, anche se le luci sono ancora accese. Quindi, impariamo a osservare le nostre piante e a fornire loro la luce quando ne hanno bisogno; insistere, oltre che inutile, è antieconomico.
Non so se abbiate mai fatto caso, ad esempio, alla Limnophila sessiliflora; questa pianta segnala perfettamente la fine del suo fotoperiodo chiudendo le sue foglie e raccogliendole lungo il fusto.
Se avete piante esigenti e rosse, invece, potete anche spingere l'illuminazione a 12-14 ore giornaliere.
Non createvi problemi sull'ora di inizio e di fine dell'illuminazione; la cosa importante è che sulla vasca non arrivi luce diretta del sole quando le lampade sono spente (ad esempio, se decideste di accendere le lampade a mezzogiorno, in modo da godervi l'acquario durante le ore serali, quando sarete in casa, accertatevi che nella prima mattina la vasca sia almeno in ombra. La luce ambiente non crea problemi).
La fertilizzazione delle piante
Prima di tutto una premessa: in questo capitolo non parlo della somministrazione della CO2 o della luce, ma mi limito a considerare i soli prodotti destinati a fornire metalli e altri nutrienti per le piante d'acquario.
Questa, per le piante, è sicuramente l'operazione più importante da eseguire in acquario. Al contempo, è anche la più delicata e, quasi sempre, viene male interpretata da molti acquariofili. Per esempio, chi utilizza i prodotti industriali trova scritto sulle confezioni in che dosaggio usare il prodotto e, in genere, si attiene alle indicazioni riportate, salvo poi avere problemi di piante che stentano o di alghe che compaiono; e da qui a incolpare il prodotto di tutte le nostre sventure, il passo è breve.
Purtroppo, quello che i prodotti industriali NON dicono è che i dosaggi sono sempre calibrati per acquari MEDIAMENTE dotati di piante. Cosa vuol dire "mediamente"? Nulla!
Due vasche, apparentemente identiche e dotate dello stesso numero e tipo di piante non hanno la stessa richiesta di nutrienti perché le condizioni dell'acqua e della luce saranno, invariabilmente, diverse. Per cui, come sempre accade in questo hobby, è estremamente difficile dare dei consigli di comportamento riguardo questo tema. Saranno la sensibilità e l'esperienza di ogni acquariofilo a fare la differenza e a dar modo di usare al meglio i prodotti in vendita.
Ciò che vi posso suggerire è di usare sempre i prodotti fertilizzanti CON PARSIMONIA, sopratutto alle prime somministrazioni; partite da quantità che siano pari alla metà di quanto dichiarato nelle istruzioni e osservate come reagisce la vostra vasca. Solo dopo un mese con questi dosaggi potrete decidere se continuare così o variare le dosi, aumentandole o diminuendole, ma ricordate che è sempre meglio stare scarsi con le fertilizzazioni che abbondare; l'esplosione di alghe è sempre dietro l'angolo.
Un altro dettaglio che spesso sfugge è come capire se si è fertilizzato troppo o troppo poco. Purtroppo, questo lo si può sapere solo controllando l'acqua e vedendo se ciò che abbiamo aggiunto è stato consumato o meno. Questo tipo di controllo, per il comune acquariofilo, è praticamente impossibile da eseguire; quindi, è necessario trovare un sistema che sia alla portata di tutti e non dia troppi problemi.
Un buon metodo è quello di controllare l'accumulo di ferro; la maggioranza dei fertilizzanti per acquari si preoccupa di aggiungere ferro, un elemento quasi sempre carente nelle nostre vasche. Quindi, consiglio di munirsi di un buon kit per la determinazione del ferro e di controllarne la presenza. Una buona fertilizzazione è quella che mostra una quantità di ferro in acqua non superiore a 0.05-0.1 mg/L di ferro TOTALE per non più di 24 ore; dopo questo periodo il ferro deve essere stato completamente assorbito. Se troviamo ferro in acqua dopo 24 ore significa che abbiamo esagerato e le piante non sono più in grado di assorbirlo, lasciandolo a disposizione delle alghe. Una cosa importante riguardo ai kit da usare è che la maggior parte di essi è in grado di misurare solo il ferro ridotto e non chelato o ossidato. Solo un paio di kit oggi in commercio (credo il Dupla e, sicuramente, il Tetra) possono dare una misura del ferro TOTALE presente in acqua.
Ma la fertilizzazione deve avvenire in acqua o è meglio fertilizzare il fondo?
Diciamo, in linea di principio, che la fertilizzazione del fondo va sempre bene poiché permette di accumulare discrete quantità di nutrienti in una zona della vasca che resta al di fuori della portata delle alghe; però non tutte le piante possono assumere fertilizzanti dalle radici e, quindi, non sempre fertilizzare il fondo è sufficiente. Per le piante a fusto diventa quasi indispensabile fertilizzare anche in acqua.
Vediamo, ora, i vari tipi di fertilizzazione in acquario.
I fertilizzanti per il fondo
Questi fertilizzanti sono i più consigliati in quanto permettono di "nascondere" alle alghe tutti i nutrienti che servono alle piante. Esistono in commercio diversi prodotti ed il loro scopo è quello di fornire nutrimento alle piante dotate di radici. Purtroppo, però, sopratutto se le vasche sono molto illuminate, la loro durata è limitata nel tempo e dovrebbero essere reintegrati. La difficoltà sta nel fatto che questi fertilizzanti devono stare sotto il substrato e non è possibile ripristinare la loro funzionalità se non rifacendo ex novo l'acquario. Va da sé che questo tipo di fertilizzazione deve essere ben preventivato e studiato PRIMA di allestire un acquario in quanto una volta avviata la vasca è impossibile rimettere mano al tutto e rifare il fondo.
Una nota mia personale; in acquari molto riccamente piantumati è possibile aggirare questo problema lasciando che i sedimenti che si depositano normalmente sul fondo possano essere decomposti dai batteri che, col tempo, in esso si insediano. Per cui, un buon metodo potrebbe essere quello di non sifonare lo sporco durante i cambi d'acqua o, meglio ancora, di ridurre gli interventi di manutenzione al fondo stesso. Attenzione, però: così facendo si corrono seri rischi di avere infezioni e malattie tra i pesci, sopratutto tra quelli che più degli altri vivono in prossimità del fondo stesso.
Gli additivi per il fondo
Questi prodotti sono usati come palliativi per rifornire un fondo esaurito o non ben fertilizzato; in genere, però, si tratta di prodotti di scarsa o dubbia efficacia e di durata breve. Inoltre, il loro posizionamento richiede di intervenire in prossimità delle radici delle piante con rischio di danneggiarle o di sollevare detriti e sedimenti. Infine, la loro formulazione è tale da produrre un discreto inquinamento in quanto i leganti usati per tenere insieme i nutrienti sono sostanze estranee all'acquario e del tutto inutili per la sua ecologia.
In ogni caso, io sto usando da alcuni mesi gli stick per piante d'appartamento e, devo dire, funzionano egregiamente. Se decideste di fare altrettanto, procuratevi quelli con il più basso contenuto percentuale di azoto e fosforo e spingeteli bene in profondità, quando li usate. Io li consiglio a chi ha il fondo in sabbia, in quanto questo materiale, per la sua consistenza, è in grado di "schermare" i nutrienti e isolarli dalla colonna d'acqua meglio di quanto possa fare la normale ghiaia.
I fertilizzanti per l'acqua
Si tratta dei prodotti forse più usati in assoluto. Dato che non tutte le piante acquatiche assorbono dalle radici (alcune, le radici non le hanno nemmeno), ma tutte assorbono dalle foglie, questo è di gran lunga il metodo di fertilizzazione più usato e utile. Il problema principale che si pone con questo tipo di somministrazioni è la facilità di sovradosaggio con conseguente accumulo in acqua di sostanze nutritive utili per le alghe. Per questo motivo suggerisco di stare sempre molto scarsi coi dosaggi, sopratutto se la vasca non è molto dotata di piante. Accertatevi sempre di cosa contengano i fertilizzanti che usate e, se potete scegliete quelli che riportano sulla confezione la composizione o il contenuto in elementi.
Tenete presente che, spesso, molti dei componenti di questi prodotti, sopratutto quelli da dosare giornalmente, sono sostanze con una stabilità limitata nel tempo e non possono essere conservati per lunghi periodi salvo perdita di efficacia. Quindi, accertatevi di non comperare mai quantità eccessive e non esponeteli mai ai raggi diretti del sole o alle alte temperature. Teneteli fuori dalla portata dei bambini e lontani dalle zone dove si mangia. Se potete scegliere, preferite il metodo "poco, ma spesso", piuttosto che "tanto, ogni tanto", di somministrazione.
Ricordate che la fertilizzazione va fatta in base alla massa vegetale che avete in vasca, per cui, se potate le piante, NON fertilizzate per le prime 24 ore e, dopo, fatelo con moderazione. Le piante potate, per i primi tempi, impiegano la loro energia fotosintetica per porre rimedio ai danni della potatura e non consumano nutrienti per crescere. Inoltre, per i primi tempi, la massa vegetale sarà ridotta rispetto a prima e richiederà meno nutrimento.
© Walter Peris
Riferimenti & Link
Tutto Quello Che Avreste Sempre Voluto Sapere Ma Non Avete Mai Osato Chiedere...
i messaggi più interessanti tratti da it.hobby.acquari
Di Christel Kasselmann, Edizioni Primaris, un libro che non dovrebbe mai mancare ad un acquariofilo che coltiva le piante: tantissime le specie descritte sia nel loro habitat naturale, sia nella coltivazione in acquario, con indicazioni pratiche utilissime per farle rendere al meglio.
Ecology of the Planted Aquarium: A Practical Manual and Scientific Treatisex
Di Diana Walstad, Edizioni AquaEdì, è la versione in inglese, in quanto quella in italiano sembra ormai introvabile, di un libro dedicato alla coltivazione delle piante in un acquario dalla conduzione molto particolare, low-cost.
di Hansmartin De Jong, Come coltivare le piante d' acquario, Quattro regole fondamentali per coltivare le piante in acquario, La scelta delle piante giuste, Come evitare la crescita delle alghe, Piante in perfetta armonia con i pesci.
di Gerhard Brunner e Peter Beck, le specie più coltivate e raccomandate per l'acquariofilo
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Per approfondire:
Una serie di informazioni sulla coltivazione delle piante in acquario, come renderlo adatto alla loro coltivazione, con alcune curiosità - articolo di Walter Peris
Come i pesci, anche le piante richiedono ambienti idonei alla loro natura e non tutte si adattano bene a condizioni diverse da quelle a cui sono state abituate - articolo di Walter Peris
Che luce serve per coltivare le piante? Considerazioni a partire da un punto di vista sperimentale - articolo di Walter Peris
Questa guida spiega alcuni degli errori che i principianti fanno spesso e offre alcuni suggerimenti sulla scelta delle specie giuste e su come prendersene cura - tratto e tradotto da un articolo di Injaf
Come coltivare in acquario l'affascinante pianta Lagenandra meeboldii nella sua variante con foglie a colorazione rossa - tratto e tradotto da un articolo di Tropica Aquarium Plants
Raccolta di link ad articoli che spiegano chiaramente, anche con foto passo, le principali tecniche per la coltivazione delle piante in acquario
Questo articolo introduce l'idea del bonsai-pond, il mini-laghetto, che abbisogna di un minimo spazio ma può essere più attraente di un acquario - tratto e tradotto da un articolo di Tropica Aquarium Plants
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