C’era una volta un piccolo pesciolino che tutti conoscevano come “pesce di vetro”, perché il suo corpo era trasparente come un cristallo... questa è la sua storia, che può sembrare una fiaba ma nasconde una tragica realtà, narrata da Gege

Parambassis ranga colorati artificialmente (detti Chanda color) tramite dolorose iniezioni sottocutanee di colorante

Forse una fiaba?

C’era una volta un piccolo pesciolino che viveva nelle acque salmastre di una palude dell’Asia. Tutti lo conoscevano come “pesce di vetro”, perché il suo corpo era trasparente come un cristallo e la luce lo attraversava senza incontrare ostacoli, ma per gli amici è sempre stato Chanda... Chanda Ranga. Il pesciolino viveva tranquillo nella sua piccola pozza d’acqua, facendo sempre attenzione a non finire tra le fauci di qualche predatore.

Poi un giorno una barca con a bordo un vecchio pescatore, ormai in pensione ma ancora con la passione per le creature acquatiche, solcò quelle acque salmastre; una rete ruppe la superficie ed il piccolo Chanda rimase intrappolato tra le sue maglie. Cercò di liberarsi, ma ogni tentativo fu inutile e qualche ora dopo si ritrovò in un ambiente nuovo. All’inizio fu spaesato, ma dopo poche ore si mise a proprio agio nella sua nuova casa, un bell’acquario confortevole, ospitale e senza il pericolo di predatori. Esplorando il territorio si accorse di non essere solo: era in dolce compagnia e ben presto lui e la sua “Chandina” ebbero tanti piccoli figlioletti dal corpo cristallino. Erano talmente tanti e belli che il vecchio decise di farne dono alla principessa del regno.

La principessa, incuriosita ed affascinata dall’aspetto strano di quelle piccole creature, trasparenti come il vetro, pensò agli incredibili riflessi delle variopinte finestre del suo castello; prese quindi un pennello, un po’ di colore e dipinse i suoi piccoli amici con i colori dell’arcobaleno: violetto, giallo, verde, rosso, blu... e la vaschetta dove li ospitava si riempì di tanti piccoli pesciolini colorati che mettevano allegria all’intera corte.

La principessa ne regalò uno a tutte le famiglie del suo regno ed il Chanda si diffuse nelle case di tutto il mondo, andando a ravvivare gli acquari di tanti bambini. Da quel giorno il suo nome è Chanda Color".

...o triste realtĂ ?

Vi è piaciuta la fiaba? Quella che vi ho appena raccontato è la storia, narrata in stile fiabesco, del “Chanda Ranga” e di per sé potrebbe sembrare anche una storia carina. Ma come si può intuire dal titolo di questa opinione, nella realtà le cose vanno un po’ diversamente. Già, perché questo pesce è sottoposto a grandi sofferenze, dovute alla crudeltà di chi lo vende ai commercianti di pesci ed acquari. Se in una fiaba è una principessa a colorare con il pennello il “pesce di vetro”, nella realtà ci sono uomini che non si fanno scrupoli ad utilizzare SIRINGHE, maneggiate spesso da bambini sfruttati, per INIETTARE il colore all’interno del corpo del pesce.

In generale i pesci non soffrono in un acquario ben predisposto e gestito. Se ne parlava anche diversi mesi fa sul newsgroup it.hobby.acquari con Alessandro Cellerino, un neurobiologo ricercatore e grande appassionato di acquariofilia, che ha dato ottime spiegazioni in proposito: "I pesci in acquario soffrono se le condizioni non sono adatte. Se queste sono ottimali (la presenza di riproduzioni in acquario lo dimostra) i pesci non soffrono fisicamente. I pesci soffrono allora psicologicamente? Nessuno di noi è nella testa di un pesce, ma in base ai dati che la scienza fornisce, i pesci mancano completamente delle strutture cerebrali che organizzano le emozioni negli animali superiori. I pesci non sono scimmie, cani o pappagalli, mancano completamente della corteccia cerebrale e tutte le loro emozioni (se si possono chiamare così riflessi di fuga, eccitazione sessuale e comportamenti antagonistici) sono generate dall’ipotalamo, la struttura più arcaica del cervello. Va detto inoltre che la maggior parte dei pesci d'acquario, escludendo le razze d'allevamento, o sono territoriali e quindi hanno spazi vitali minuscoli e dai quali non si allontanano per nessuna ragione, oppure sono molto piccoli e non hanno bisogno di ampi spazi per il nuoto".

Ma se loro sofferenza non può essere legata a fattori psicologici, come dice Alessandro, non si può dire altrettanto per quello che riguarda la sofferenza fisica. Uno dei casi più eclatanti, di cui spesso si parla nelle riviste specializzate e di cui molto si è parlato sul newsgroup succitato, è quello dei pesci che vengono colorati artificialmente. Il principale rappresentante di questa sfortunata categoria è appunto il Chanda ranga, un piccolo pesce orientale d'acqua salmastra venduto spesso nei negozi come “Chanda color”, ma il problema è esteso (anche se in misura minore, fortunatamente) a Corydoras albini, Labeo, Botia, Scalari e Discus, tutte specie conosciute da chi possiede un acquario. Il problema è che, senza un'adeguata informazione, chiunque può farsi "rifilare" uno o più esemplari colorati artificialmente: dal papà che compra un piccolo acquario al proprio figlio fino ad arrivare all'acquariofilo neofita che, se non opportunamente informato, rischia di scambiarli per una particolare varietà dalle caratteristiche leggermente diverse (e per alcuni sarebbe anche credibile, purtroppo).

Per ottenere particolari colorazioni, come accennavo sopra, ai pesci vengono praticate delle piccole iniezioni sottocutanee con coloranti teoricamente innocui, ma le sofferenze fisiche sono grande fonte di stress, tanto che a 30 giorni dal "trattamento" il 50% dei pesci non sopravvive e quelli sopravvissuti, una volta immessi in acquario, sono soggetti a malattie di ogni genere perché notevolmente indeboliti e dopo circa 60 giorni perdono la colorazione. Tra l’altro per queste operazioni si sfrutta la manodopera dei bambini (che hanno mani piccole, più adatte a maneggiare pesciolini di 3-4 cm) e pertanto il problema viene esteso anche ai diritti umani oltre che a quelli degli animali. A conferma di tutto ciò c’è stato, qualche tempo fa, anche un servizio in una trasmissione della Rai e le immagini non erano propriamente uno spettacolo! :-(

Va infine fatto presente che, come già detto, questo pesce è caratteristico di acque salmastre e non andrebbe, teoricamente, tenuto in vasche con normali pesci d'acqua dolce. Anche le condizioni inadatte dell'acqua provocano sofferenza ai pesci!!

Non comprateli!!!

Se mi posso permettere un consiglio... informatevi dal vostro negoziante se nelle sue vasche sono presenti pesci colorati artificialmente (non solo Chanda) ed eventualmente fate notare il vostro disappunto. Probabilmente il problema non può essere risolto in questo modo, ma da qualche parte bisogna cominciare. Io ed alcuni amici di it.hobby.acquari abbiamo intrapreso diversi mesi orsono una campagna contro questa pratica, alla quale hanno aderito diversi negozianti sparsi per l’Italia che nel proprio negozio espongono il logo “No colors”. Purtroppo non c'è da parte delle associazioni acquariofile una presa di posizione ufficiale (anche perché queste campano bene o male grazie alle collaborazioni con i negozi), ma... si fa quel che si può!

© Gege


Per chi vuole esporlo nel proprio sito, linkando o no questa pagina di spiegazione, qui c'è il logo, basta salvarlo nel proprio sito web ed utilizzarlo.

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ENRICO

Sono dispiaciuto, non sapevo. Ne ho acquistati due pensando che erano naturali. Tengo questi due e non ne comprerò più. Grazie

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